Non solo inceneritore, la sfida di Accam spa

Intervista a Giorgio Ghiringhelli amministratore delegato della società, che raggruppa 27 comuni, proprietaria del termovalorizzatore di Borsano. Due grossi progetti in cantiere: la ristrutturazione speciale dell'impianto e la creazione di una newco con Legnano e Gallarate per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti

Parlare di rottamazione, nel senso di cambio generazionale, nel campo dei rifiuti sembra un gioco di parole. Ma quando nel ruolo strategico di amministratore delegato di una società importante come l’Accam spa di Busto Arsizio ti ritrovi un “giovane” tecnico di 39 anni, vuol dire che il tanto agognato processo di rinnovamento della classe dirigente nelle strutture a partecipazione pubblica è già in atto. Giorgio Ghiringhelli è stato eletto quasi all’unanimità dai rappresentanti dei 27 comuni partecipanti al consorzio per la gestione dell’inceneritore di Borsano. Un solo astenuto, il sindaco di un comune dell’Altomilanese, forse sorpreso da questa novità.
(foto sopra, Giorgio Ghiringhelli)

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Ghiringhelli, visto che Accam non ha mai avuto un amministratore delegato, come è arrivato su questa poltrona, con quali competenze e quale retribuzione?
«Sono stato proposto dal sindaco Centinaio di Legnano, una scelta condivisa da quasi tutti i consorziati. Sono un agronomo di formazione e lavoro in questo settore da anni. Mi sono occupato dell’Osservatorio rifiuti e ho fatto consulenze al piano regionale dei rifiuti. Il mio compenso è pubblicato sul sito: 30mila euro all’anno, 2.500 euro al mese».

Sull’impianto di Accam ci sono due progetti in atto: il revamping dell’inceneritore, o meglio, la sua ristrutturazione straordinaria, e la gestione del ciclo integrato dei rifiuti con la costituzione di una newco in cui confluiranno le tre società di gestione dei rifiuti che fanno capo a Legnano, Busto Arsizio e Gallarate. A che punto sono?
«La società ha affidato a un advisor esterno competente in materia, la Bain, la valutazione sulla fusione dei tre rami di azienda di Amga, Agesp e Amsc. Quindi aspettiamo le valutazioni della Bain che sottoporremo ai 27 comuni soci e quando a gennaio arriveranno si potrà decidere serenamente sulla base di dati oggettivi e non sul mal di pancia di qualcuno. Il progetto di ristrutturazione speciale dell’inceneritore è già stato appaltato e la procedura per ottenere l’autorizzazione integrata ambientale (Aia, ndr), dopo un iter iniziato tre anni fa, è quasi ultimata. Un impianto lo abbiamo già dismesso perché troppo vecchio, mentre abbiamo migliorato la capacità di abbattimento del secondo inceneritore, applicando i filtri a maniche Goretex e la tecnologia Depurcal che riducono notevolmente il carico inquinante dei fumi di combustione. Siamo tra i primi ad aver adottato queste tecnologie che ci hanno permesso di ridurre di oltre il 40% le emissioni di Hcl (acido cloridrico ndr)».

Attualmente impiegate 90 persone per un fatturato di 20 milioni di euro. Quali vantaggi comporterà la costituzione di una nuova società?
«Beh, avere tre consigli di amministrazione in meno è già un bel risparmio. Inoltre, la gestione centralizzata è più efficiente e il numero degli occupati salirà a 700. Vorrei sottolineare che stiamo modificando lo statuto dove si ribadisce che noi siamo una società in house (società a capitale interamente pubblico che si occupa della gestione delle reti e erogazione dei servizi pubblici locali, ndr) dunque non ci interessa  andare sul mercato perché la nostra missione è servire il territorio».

Che investimenti richiedono questi progetti?
«Circa 40 milioni di euro. Abbiamo fatto una gara attraverso il dialogo competitivo, dove l’elemento decisivo dell’appalto non è solo il prezzo ma anche le scelte tecnologiche, da noi indicate e sulle quali ci siamo confrontati».

Lei insiste molto sul ciclo integrato dei rifiuti e nel progetto c’è anche la realizzazione di un impianto per la separazione dei materiali eccellenti. Perché lo ritiene così strategico?
«Perché voglio trovare una risposta che dia continuità e perché qui i comuni associati hanno investito i soldi dei contribuenti. Oggi Accam è un’azienda in salute e vuole rimanere al passo coi tempi e una via per farlo è seguire il rifiuto dalla culla alla tomba. Noi separiamo per bruciare, ma i materiali eccellenti vanno riciclati, è conveniente ed etico. L’obiettivo rifiuti zero è un’utopia, però possiamo ridurli e se li ricicliamo c’è un vantaggio economico per i cittadini. Già con la termovalorizzazione dei rifiuti produciamo energia elettrica, con il revamping puntiamo al teleriscaldamento sul modello di Brescia».

In questo impianto entrano rifiuti particolari e pericolosi?
«Qualche griffe ci chiede di bruciare i vecchi campionari dei vestiti per evitare che rimangano sul mercato, si tratta però di modeste quantità. Poi bruciamo circa 600 chilogrammi di cocaina all’anno, stupefacenti sequestrati dalla guardia di finanza. Quando si brucia la droga l’impianto è praticamente blindato, finanzieri a parte, nessuno puo’ accedervi. Entrano anche i rifiuti ospedalieri in contenitori sigillati: vengono trattati in un complesso a parte, caricati su un nastro trasportatore e tramite un montacarichi trasferiti ai forni. Qui tutto è monitorato in modo preciso e trasparente, i dati sulle emissioni arrivano direttamente all’Arpa (Agenzia rgionale per l’ambiente, ndr). Pensi che i nostri rilevatori di radioattività, posti all’ingresso dell’impianto, sono così sensibili che se un camionista il giorno prima ha fatto una radiografia in ospedale lo rilevano».

Secondo lei, perché in Italia a differenza di altri paesi, come la Germania o la Francia, si fa così fatica a far passare l’idea che una gestione dei rifiuti efficiente e trasparente conviene a tutti?
«I tedeschi ci guardano e studiano con interesse perché noi siamo più avanti di loro nella gestione della raccolta della frazione organica e dell’umido. In Italia ci sono esperienze di grande interesse, come la Sardegna che è tra le prime regioni nella raccolta differenziata e nel riciclo o il caso di Salerno che ha fatto scuola. La verità è che conviene raccogliere l’organico perché costa meno che mandarlo in discarica e perché lo puoi reimpiegare. Il tema vero nel caso del riciclo è la collocazione dell’impianto di selezione, a Bologna ce n’è uno molto innovativo. Se è vero che in questi anni gli undici inceneritori lombardi hanno salvato la nostra regione dall’emergenza rifiuti, è altrettanto vero che la Germania ne ha costruiti troppi e questo per loro è diventato un vero problema».

E se per caso la valutazione della Bain fosse negativa?

«Noi crediamo che le nostre valutazioni siano valide e comunque la decisione spetta ai comuni soci. Potremmo diventare un impianto di incenerimento più piccolo».

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Pubblicato il 17 Dicembre 2013
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