Per imparare a tener pulita la città, basta una “app”
Marco Ferri è uno studente del Facchinetti. Grazie a un gioco scaricabile sugli smartphone si è guadagnato l'accesso a un concorso europeo dove è stato premiato per un progetto sul lavoro giovanile
Come possiamo tenere pulita la nostra città? Con un gioco. Nell’era degli smartphone e delle “app”, anche educare diventa più semplice. Lo hanno pensato gli organizzatori del Global Enterprise Project iniziativa nata dalla collaborazione fra Junior Achievement Young Enterprise Europe e European Roundtable of Industrialists.
Settantadue studenti provenienti da tutt’Europa si sono sfidati a Madrid su idee innovative per rilanciare il lavoro giovanile.
Tra gli studenti in Spagna, anche Marco Ferri, alunno dell’Isis Facchinetti che ha tenuto alto il nome della scuola italiana ottenendo il terzo posto del podio.
Marco si era guadagnato un posto a Madrid “sbaragliando” la concorrenza dei 50 ragazzi italiani grazie a un progetto innovativo. Insieme alla sua squadra aveva progettato un’app per tenere pulita la città. Ogni giorno, il cittadino è chiamato a svolgere attività che permettono all’ambiente di migliorare e ripulire la città che quotidianamente si sporca. Le sue “buone azioni” vengono caricate su una smart card comunale: « Abbiamo progettato il gioco per le community così da costituire squadre che possano sfidarsi» spiega Marco.
A Madrid, Marco è stato chiamato a riflettere sull’occupazione e sui giovani: « Ero in squadra con un francese, un olandese, una irlandese una slovacca e un russo – racconta lo studente del Facchinetti – Siamo partiti dall’analisi dell’istruzione dei diversi paesi dell’Unione riflettendo su ciò che la scuola dovrebbe fornire. Abbiamo pensato di inserire nel programma di studio la materia “softskill” cioè la capacità di lavorare in squadra perché i ragazzi devono capire subito quali sono i requisiti richiesti dalle aziende per capire cosa fare dopo terza media».
Di tutta l’esperienza, oltre ai risultati esaltanti, Marco ricorda l’incontro con gli altri ragazzi, la possibilità di confrontarsi e lavorare insieme a studenti stranieri anche per capire il proprio valore: « Soprattutto è stata una bella palestra per parlare in inglese: all’inizio ho avuto qualche difficoltà, poi tutto è filato liscio».
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