“Persone tranquille e discrete, un gesto inspiegabile”
I vicini descrivono come persone tranquille, schive e riservate sia Giuseppina Trippi che suo nipote, Simone Impellizzeri. “Passavano e salutavamo, non abbiamo mai sentito litigi”, spiegano
E’ in questo appartamento al piano terra del civico 28 di via Mazzini che viveva Giuseppina Trippi. Una signora discreta ed educata, così la descrivono i vicini di casa, anche se non era molto conosciuta. «Passava spesso qui davanti» dice la titolare del bar che fiancheggia l’appartamento: un cenno, un saluto e poi a casa. Il retro del bar si affaccia proprio davanti alle finestre della casa in cui Giuseppina ha accolto il nipote «ma in questi mesi non abbiamo mai sentito nulla, non un litigio, non un urlo».
E anche Simone Impellizzeri era molto schivo «ma sempre educato», precisano tutti. I suoi problemi di droga, alcol e farmaci non trasparivano fuori dalle mura di casa e in molti non sospettavano neanche del suo tormentanto passato. «Lo vedevamo passare spesso qui davanti -dicono oggi dall’autoscuola Valentini- ed era sempre cordiale e tranquillo». Nessuno ricorda nulla che si possa considerare anomalo in quelle persone che convivano da qualche tempo. Anche ieri, a poche ore dall’omicidio, Simone Impellizzeri sarebbe stato in casa con un amico ad osservare di sfuggita i bambini giocare nel piccolo cortile. Come in un qualsiasi condominio. Molti non sapevano neanche quali fossero i problemi di Giuseppina Trippi, quelli che sarebbero stati alla base del violento raptus. «Camminava bene, non sembrava avesse qualche malattia grave», spiegano alcuni vicini. Ma probabilmente, quello che da fuori non si vedeva, è quello che ha esasperato il reo confesso portandolo all’efferato delitto.
Una casa normale, persone normali, una situazione normale in un palazzo a due passi dal centro. Eppure qualcosa di non normale è successo nella notte del 9 giugno.
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