Pizzocolo: “Quella notte con Lavinia, un’allucinazione a luci rosse”

Il ragioniere di Arese imputato di omicidio volontario, vilipendio di cadavere nei confronti della giovane prostituta rumena ha raccontato in aula la sua verità: "Avevo preso troppe droghe e non ricordo cos'ho fatto"

Ha raccontato la sua versione di quella terribile notte, Andrea Pizzocolo, il ragioniere di Arese imputato per aver ucciso, abusato del cadavere e abbandonato nei campi di San Martino in Strada (in provincia di Lodi) il cadavere della povera Simona Lavinia Aiolaiei il 7 settembre del 2013. Un viaggio allucinante che Pizzocolo ha ricostruito attraverso le domande del suo difensore Vincenzo Lepre e che il pm Raffaella Zappatini ha cercato di smontare, non ritenendolo credibile. L’imputato ha sostenuto, in particolare, che dopo aver usato un potente allucinogeno chiamato Gbl (una sorta di solvente chimico che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto dare eccitamento, ndr) e dopo una giornata intera ad aver fatto uso di cocaina avrebbe perso completamente il controllo su se stesso al punto di non essersi nemmeno accorto di averla uccisa con le ormai note fascette da elettricista che le ha stretto al collo.

«I miei ricordi si fermano al motel di Olgiate Olona mentre stavamo chiacchierando dei suoi problemi – ha raccontato Pizzocolo – il resto sono solo frammenti di ricordi immersi in una luce rossa. Ero convinto che Lavinia fosse ancora viva quando arrivai al motel di Lodi, ricordo dei flash nei quali le parlavo e lei mi rispondeva, durante il viaggio mi sono fermato all’autogrill dove ho acquistato del cibo per due, al motel di Lodi ero convinto di aver avuto rapporti con lei ancora viva. Ho realizzato quello che era accaduto solo il giorno dopo, quando alle 15 mi ha svegliato la telefonata della mia compagna che mi annunciava il suo ritorno dalle vacanze; in quel momento ho visto il corpo di Lavinia di fianco a me. A quel punto mi sono preoccupato, prima di tutto, di tornare a casa da mia figlia e dalla mia compagna per dare un’apparenza di normalità. Ho caricato il corpo della ragazza nel baule e ho fatto il check out dal motel, quando mi hanno dato solo il mio documento ho realizzato che ero entrato solo io la sera prima, con lei già morta. A quel punto ho scaricato il corpo nel primo campo lungo la strada, ho buttato via i suoi vestiti lungo il percorso in una piazzola e sono tornato a casa».

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Pizzocolo sostiene che nemmeno quando ha rivisto il video che lui stesso ha realizzato al motel di Olgiate riusciva a credere ai suoi occhi: «Non riuscivo, nella mia mente, a trovare un ricordo vivo e non desunto dalla logica, di quello che ho visto». Insomma, una sorta di allucinazione continua che lo ha accompagnato durante tutte le fasi di quella notte. Ma il pm Zappatini ha cercato di mettere in crisi questa descrizione degli avvenimenti ripercorrendo il racconto dello stesso imputato causando una serie infinita di "non so/non ricordo" in particolar modo riguardo al racconto che descriveva l’incontro avvenuto la sera prima a casa sua. L’imputato si è contraddetto varie volte sul come le fascette da elettricista sono entrate in scena la sera prima dell’omicidio: «Fu lei a farmi capire, in qualche modo, che voleva realizzare una fantasia con quell’oggetto» – ha detto lui ma sono molte le lacune nel suo racconto. La storia raccontata da Pizzocolo ha retto fino a quando era stata indirizzata dall’avvocato difensore, un po’ meno quando è stata la pm a fare le domande che ha cercato di far risaltare la premeditazione dell’omicidio di Simona. Quell’uso continuo e smodato di droghe e farmaci (principalmente cocaina ma anche marijuana insieme a cialis o viagra) avrebbe dovuto creare in lui una sorta di dipendenza fisica con eventuale crisi d’astinenza che, però, nei giorni successivi al suo arresto nemmeno lui ha riscontrato.

Particolare anche la ricostruzione dell’episodio con la prostituta Kazan, una rumena che denunciò nei giorni precedenti al ritrovamento di Simona, di essere stata legata e imbavagliata da un cliente (poi individuato in Pizzocolo, ndr), caricata nel baule e volata dallo stesso sempre nella zona di San Martino in Strada, nei pressi del motel usato dal Pizzocolo. Secondo la sua versione la prostituta, in realtà, dopo essere stata accompagnata da lui a Lodi per incontrare un cliente avrebbe fumato uno spinello con lui e sarebbe «andata fuori di testa, spogliandosi e praticandogli un rapporto orale nel bosco per poi chiedergli 500 euro e insultarlo». Secondo la sua versione non sarebbe stato usato nessun nastro adesivo ma quando venne ritrovata la donna  – ha sottolineato la pm – aveva del nastro adesivo al collo. Versioni di comodo, dunque, per l’accusa quelle fornite dal ragioniere di Arese con l’obiettivo di ottenere un qualche sconto di pena e, soprattutto, per non essere condannato per omicidio volontario.

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Pubblicato il 28 Novembre 2014
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