Suor Carolina ricorda don Puglisi e don Diana: “Il loro messaggio non è stato ucciso”

La religiosa che lavorò a Palermo con don Pino Puglisi, ucciso nel '93 dalla mafia, ricorda anche la figura di don Peppe Diana, ucciso 20 anni fa dalla camorra. Alla quaresimale di Borsano porta un messaggio di speranza


Suor Carolina Iavazzo lo sa bene, come lo sapevano don Peppe Diana a Casale di Principe e don Pino Puglisi, col quale ha lavorato nell’ultimo periodo della sua vita nel quartiere Brancaccio di Palermo: «Educare è un compito difficile, un obiettivo al quale devono concorrere tutte le agenzie formative, non solo la parrocchia». Il messaggio di suor Carolina, che ha aperto un centro a Bovalino (Reggio Calabria) per i giovani dedicato al grande parroco ucciso dalla mafia, lo ha portato lei stessa a Borsano venerdì sera davanti ai fedeli riuniti per la Quresimale della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, nell’ambito del percorso spirituale di avvicinamento alla Pasqua. Il suo è un ritorno a Busto dopo sei anni, quando fu ospite a Sacconago di Ammazzateci Tutti.

Suor Carolina continua a portare avanti il messaggio di don Pino e anche il suo metodo: «E’ quello del bastone e della carota che mette al centro il ragazzo – racconta – a Brancaccio ha portato buoni risultati che, nonostante l’assassinio da parte della mafia, non sono stati cancellati». La suora racconta dei miglioramenti graduali che il quartiere ha potuto vedere  e toccare con mano: «C’è stato un risveglio nel quartiere: è stata aperta la scuola media che ha preso il nome di don Pino, i locali di via Azzolino Hazon, ricettacolo delle peggiori nefandezze, sono stati chiusi. Dopo la sua morte abbiamo lavorato in un contesto difficilissimo: molti avevano abbandonato tra sconforto e paura. Abbiamo trovato la forza di andare avanti e ricucire lo strappo e oggi la situazione è migliorata, le persone hanno preso coscienza. La mafia ha abbassato un po’ i toni e il centro Padre Nostro funziona ancora e bene». Proprio per questo venerdì sera suor Carolina ha portato un messaggio di speranza ai convenuti «nonostante questa sia una fase difficile della società in cui mancano i riferimenti umani e culturali».

Suor Carolina incanta con la sua voce ferma e decisa ma anche dolce. Il suo pensiero va anche a don Peppe Diana, del quale ricorre il ventennale della sua morte per mano della camorra dei casalesi: «Quella di don Pino e quella di don Peppe sono due storie che si somigliano. Li accomunava l’amore per la verità e per il vangelo, il desiderio di vedere mentalità più aperte e più libere. Il loro sacrificio è amore per il territorio vero e puro». Suor Carolina sa che i killer che hanno premuto il grilletto hanno clpito solo due corpi ma i messaggi non potranno mai spegnerli, quelli sono andati avanti e sono d’esempio per tutti, ancora oggi: «Il killer di padre Puglisi, Salvatore Gricoli, ricorda ancora il suo sorriso e la sua voce che diceva "me l’aspettavo". Don Pino aveva la consapevolezza e serenità nel suo sorriso, anche un pizzico d’ironia. Una volta disse"Piu che uccidermi non possono farmi altro"».

E il messaggio di don Puglisi continua a camminare, nessun arma potrà fermarlo e a Bovalino suor Carolina continua a lavorare con i ragazzi di strada, sente la sofferenza e l’amarezza degli onesti oscurati dalla presenza delle famiglie di ‘ndrangheta». Infine un messaggio a chi, nel profondo nord, continua a pensare di essere al sicuro da storie come quelle vissute nel sud Italia: «La malavita del nord sta un po più nascosta rispetto al sud ma è anche qua ora. Esiste la mafia che uccide e poi ci sono i comportamenti mafiosi, che sono diffusi ovunque e diventano l’humus dove le organizzazioni possono crescere e prosperare».

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Pubblicato il 24 Marzo 2014
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