“Aperti” 9 chilometri di grotte al Campo dei Fiori: storia di un’impresa

Un lavoro durato un anno e mezzo per collegare la grotta Cima Paradiso con la Schiaparelli, due gioielli naturalistici sulle montagne del Parco Campo dei Fiori. Risultato: da domenica scorsa Varese ha un sistema di grotte comunicanti della lunghezza di circa 9 chilometri. Le bottiglie di champagne stappate al termine del lavoro, gli speleologi varesini, se le sono guadagnate: alla base dell’impresa c’è stato un paziente lavoro di scavo e rilievo a cui hanno partecipato praticamente tutti i gruppi speleologici della provincia, una sorta di “adunanza speleo” che ha unito le forze per questo e altri obiettivi.
La tecnologia ha aiutato gli esploratori, con rilievi laser e sofisticate apparecchiature, ma alla fine è stata l’esperienza, la pazienza e l’uso di punte e leverini ad aprire il diaframma che ha messo in collegamento i due ambienti.
«È stata una grande emozione veder coronato un così lungo lavoro – racconta lo speleologo Ferruccio Tomasi (nella foto a sinistra), dello Speleoclub Valceresio Cai Gavirate – anche alla luce del fatto che diversi altri tentativi sono stati fatti in passato per compiere questa impresa».
La grotta Cima Paradiso è molto conosciuta dagli amanti della speleologia: si trova sotto l’osservatorio del Campo dei Fiori: è stata esplorata a fondo nel corso degli anni 80 e 90. L’entrata della Grotta Schiaparelli è invece ad una quota più bassa: si trova in prossimità del tratto finale di strada che porta al Forte di Orino.
Ma come è nata quest’idea? «Sapevamo che le grotte potevano avere dei punti di congiunzione molto vicini – racconta Ferruccio – . Così abbiamo incominciato a lavorare sulla possibilità di aprire il diaframma che le separava. Abbiamo incominciato così: due gruppi distinti, uno nella Schiaperelli, l’altro nella Cima Paradiso hanno verificato le distanze con gli "arva". Si tratta di strumenti che permettono, una volta accesi, di segnare le distanze da un punto: si utilizzano soprattutto per le ricerche di sciatori o alpinisti rimasti sotto la neve. Bene, da questi rilievi emerse che i due punti fra le grotte distavano tra i 15 e i 30 metri. L’impresa si poteva fare. Successivamente abbiamo utilizzato planimetrie e rilievi delle grotte, anche con strumentazioni laser».
Tecnologia all’ultimo grido, laser, arva…ma il lavoro più grande è stato fatto con la forza delle braccia e con la pazienza. «Certo, per aprire le vie abbiamo utilizzato leverini, punte e mazzetta – racconta Ferruccio – e molta, molta pazienza».
Poi domenica scorsa l’ultimo colpo alla parete; ed ecco la luce che ha salutato gli speleologi usciti dalla grotta: la via era aperta, e addirittura c’è chi si è bevuto bollicine direttamente dalle rocce.
Ma non è tutto. «Anni fa venne aperta una via tra una grotta a valle della Schiaparelli, la “Via col Vento”, che si trova a poca distanza dal ristorante “Irma” – spiega Ferruccio . Grazie all’apertura di domenica, ora è possibile mettere in comunicazione le tre grotte in un unico sistema della profondità massima di 710 metri e della lunghezza di circa 9 chilometri. Non è tra le più lunghe, ma sempre una “signora grotta” per la nostra provincia».
La grotta è dedicata a tutti gli amanti della speleologia che hanno lavorato a questo progetto, mettendoci passione, tempo e anche un pizzico di amore per la natura. E’ bene ricordare che queste grotte, sia pur “dietro casa” possono venir affrontate solo da personale specializzato e preparato: sono ambienti pericolosissimi da affrontare senza la debita attrezzatura.