Clandestino sì, ma con certificato: “E’ vittima di faida”

Albanese irregolare presenta una carta del sindaco del villaggio: lo braccano. Richiesta di asilo politico

«Il nostro concittadino è vittima di una faida e se torna casa lo ammazzano». Non è un certificato medico ma una carta ufficiale del municipio di Kruje, nel nord dell’Albania, quella che un clandestino di 24 anni, Luan K., ha avuto dal sindaco del suo paese. Il ragazzo è stato arrestato sabato dai carabinieri a Varese, ma la sua situazione farà discutere: il certificato che ha presentato in tribunale, davanti al giudice Angela Minerva, è una vera rarità e fa riferimento a una presunta persecuzione di cui sarebbe oggetto a Bushnesh, suo villaggio natale. In pratica, il giovane si dice vittima di faida, ma non una scaramuccia qualunque, bensì una pratica che ha un nome e un cognome, il “kanun”, un codice consuetudinario molto antico che regola anche le “vendette di sangue”. Il giovane è ufficialmente immacolato, o almeno così ha sostenuto in aula, ma la famiglia di un clan rivale lo accusa di aver ammazzato a fucilare un loro parente nel 1997. In un periodo in cui, in corrispondenza con la guerra del Kossovo, anche nel nord dell’Albania c’era un certo trambusto e molte armi in giro. Prove contro di lui non ce n’erano ma scappò in Grecia e poi in Italia. Dove adesso risiede con un fratello. Il ragazzo voleva farsi regolarizzare nel decreto flussi, ma è stato fermato una prima volta ricevendo l’ordine di espulsione: la seconda volta, sabato scorso, gli è costata l’arresto. I suoi legali, Stefano Amirante e Daniele Ferrò, hanno sostenuto che il loro cliente sarebbe in pratica condannato a morte da un rimpatrio. Per questo hanno già chiesto al giudice di pace di bloccare il provvedimento amministrativo di espulsione. Nel «certificato di faida», presentato al giudice e controfirmato persino da un notaio con tanto di marca da bollo, si intuisce un mondo ispirato alla legge del taglione: il sindaco di Kruje, Gezim Keqi, dice infatti che il ragazzo è in pericolo e che anche i suoi familiari maschi sono barricati in casa per non incappare nella vendetta. «Il kanun dice che noi potremmo risolvere la questione chiedendo a dodici persone di venire a testimoniare a suo favore – spiega il fratello, un muratore regolare che abita a Varese e che ha testimoniato in aula –  il rito si dovrebbe svolgere in una chiesa e questi garantirebbero che lui non ha ammazzato nessuno. Ma per farlo, ci vuole il consenso della famiglia della vittima, e loro non vogliono, perchè vogliono solo ammazzarlo». L’albanese è stato scarcerato e il processo  aggiornato al 26 giugno.

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 09 Giugno 2008
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.