Riapre la chiesa della Motta. E luce fu
I restauri sono durati due anni. Recuperati dipinti e affreschi, rifatta la copertura. Costo dell'opera un milione 200 mila euro. Appello di monsignor Donnini: «Ne mancano ancora 200 mila». Tra una settimana il tradizionale falò di sant'Antonio
E luce fu. Dopo due anni, riapre la chiesa di Sant’Antonio Abate di Varese. Un restauro lungo e atteso che ha ridato splendore a questo luogo caro ai varesini. I 1400 metri quadrati di dipinti e affreschi, un tempo quasi invisibili perché coperti da strati di polvere e fuliggine, oggi si possono ammirare nei colori e nelle forme originarie. Rifatti anche il pavimento in cotto lombardo, il tetto, la copertura delle volte e gli intonaci esterni.
«La fase di pulitura – spiega l’architetto Angela Baila, direttore dei lavori – è stata la più lunga e la più difficile . Abbiamo fatto un prelievo su ogni intonaco e impiegato una tecnologia laser innovativa. È stata rifatta l’impiantistica e gli esterni da dove filtrava molta umidità, in particolare sulla parte sinistra del coro. Abbiamo rimesso i coppi sul tetto e ripristinato i colori storici ».
La chiesa, costruita a partire da 1593 da Giuseppe Bernascone, conserva i segni del nucleo più antico che gli esperti datano antecedente al 1500. Una doppia linea di mattonelle chiare sulla pavimentazione in cotto lombardo ne indica la posizione originaria. «Si trattava di un piccolo oratorio – continua Angela Baila – dove passavano i varesini con gli animali che qui facevano una sosta per pregare».
L’impatto della nuova illuminazione interna che valorizza le volte e la luminosità dei dipinti «ritrovati» è notevole rispetto al buio del passato. «C’erano strati di sporco piuttosto spessi – spiega Fulvio Baratelli, curatore del restauro dei dipinti – . Con tre laser abbiamo quindi ripulito tutto, si procedeva due metri quadrati al giorno. La tecnica usata da Giuseppe Baroffio, che fu incaricato nel 1748 dalla curia di dipingere la chiesa, è quella della tempera a calce. Ecco perché senza consolidamento non si potevano recuperare gli affreschi».
Il restauro è costato 1.200.000 mila euro, in gran parte finanziati dalla Fondazione Ubi Banca (450 mila euro). Il resto è arrivato dalla Provincia di Varese, Comune, fondazioni Cariplo e comunitaria del Varesotto. Una generosa donazione è arrivata anche da un privato cittadino che ha voluto mantenere l’anonimato. All’appello mancano ancora 200 mila euro. «Speriamo nella generosità dei fedeli in occasione della festa del santo e del tradizionale falò che si terrà fra una settimana» dice sorridendo monsignor Gilberto Donnini, prevosto di Varese.
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