“La fede di Carlo Chiodi non puzzava di incenso”

Il consigliere regionale Raffaele Cattaneo traccia un ricordo commosso e sereno dell'amico scomparso

"Il nostro Dio è il Dio della vita, non della  morte!"
Venerdì Santo, le 3 del pomeriggio. Con mia moglie e i miei figli sto entrando in Chiesa per far memoria della passione di Cristo;  le campane battono i rintocchi del dolore. In quel momento suona il mio telefonino: è Carlo Chiodi! L’avevo cercato al mattino – di solito dopo le 11 riprendeva un po’ di forza – ma quella mattina non riusciva a rispondere. La voce era incomparabilmente la sua, forte nonostante tutto! L’ho salutato e ricordo di aver pensato che non poteva essere casuale sentirci proprio in quel preciso momento… Ho anche pensato che avrebbe potuto essere l’ultima volta che lo sentivo: così è stato!

Ecco: in questi 3 mesi Carlo è stato inscritto nella Passione di Cristo!
Ancora una volta in modo così misterioso il dolore e la morte hanno fatto irruzione repentina in una vita piena e buona. Perché? Non c’è domanda più umana! E più vera.
Sono dunque il dolore e la morte l’ultima parola della vita? No! Tutto della vita di Carlo Chiodi dice in modo imponente il contrario! E non per una considerazione pietistica di cui lui per primo – come sa bene chi lo ha conosciuto – non si sarebbe mai accontentato!
Ma per la certezza di fatti, eventi, esperienze che hanno costellato i giorni della sua vita e che si sono imposti per la loro evidenza.
Sì, la fede di Carlo Chiodi non puzzava di incenso, ma sentiva di umanità!
Non aveva l’odore e la forma scipita del baciapile ma la potenza di una umanità affascinante e piena. Chiunque lo incontrava se ne accorgeva: vederlo parlare nel suo studio radiofonico a Radio Missione Francescana, incontrare il suo sorriso, prendere un caffè con lui al bar: tutto faceva risuonare una nota di umanità vera e piena, incuriosita e appassionata da tutto ciò che accadeva qui e nel mondo.
Perché Carlo ha vissuto così?
Per la forza della sua fede! Perché Cristo non è rimasto per lui una vaga aspirazione o una irragionevole giaculatoria, ma ha preso il volto dei suoi amici, di sua moglie, dei suoi figli (e se un uomo è grande innanzitutto per quel che lascia, basta guardare i suoi figli per capire quanto è stato
grande Carlo…!); aveva la forma dell’esperienza quotidiana, della vita concreta, di un modo più degno e più bello di stare al mondo!
Noi cristiani non crediamo nell’aldilà ma nella vita eterna, cioè nella vita che comincia qui, oggi, ora, e non finisce mai! Altrimenti l’Aldilà sarebbe una pia illusione…
Ti ringrazio Carlo perché per tanti e tra questi per me e per mia moglie Camilla – che in questi ultimi anni ti ha accompagnato nella vicenda di Radio Missione Francescana, l’opera che insieme dovremo continuare nel tuo nome – sei stato un segno concreto ed efficace di questa "vita che non finisce mai".
È perché abbiamo visto nei tuoi occhi e sentito nelle tue parole la forza reale di questa vita, nuova ed eterna, che oggi noi possiamo essere certi che ti riabbracceremo.

Ed è per questo che, scossi fin nel midollo delle ossa dal dolore per la tua morte, noi non ne siamo vinti! Ma al contrario siamo rafforzati nella certezza che nessun dolore e nessuna morte è più forte della vita che insieme stiamo sperimentando  dentro la vita di Cristo in noi e per noi.
Questa che è stata la roccia che ha reso salda la tua vita, lo sia anche della nostra! Un arriverderci in Paradiso.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 28 Aprile 2009
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