Gli immigrati ridono e piangono come voi

In piazza Venti Settembre immigrati e italiani si sono ritrovati per la giornata europea dedicata ai migranti. «Veniamo qui per mangiare il pane e per seminare il grano»

Primo marzo in piazza Venti Settembre a VaresePiazza Venti Settembre, ribattezzata piazza Tirana perché utilizzata dagli immigrati come ritrovo nel tempo libero, è una macchia di giallo. È il simbolo scelto per questa giornata europea dedicata ai migranti. Il giallo è entrato nelle scuole, nei circoli e anche nelle carceri, dove la comunità  senegalese, guidata da Djibril Thiam, ha cucinato per i detenuti.
Thierry Dieng e Yapi Yapo, del movimento Ubuntu, gonfiano palloncini e richiamano l’attenzione dei «fratelli» che arrivano alla spicciolata. Pakistani, marocchini, ivoriani, senegalesi e italiani si stringono intorno al banchetto dove ritirare coccarde e volantini.
«Gli immigrati vengono qui per mangiare il pane – spiega Yapo – ma sono qui anche per seminare il grano, per contribuire alla crescita di questo paese. Siamo oltre 4 milioni di persone e ogni anno versiamo nelle casse dello Stato 3 miliardi e 200 mila euro».
C’è un’aria di festa più che di rivendicazione e per molti il primo marzo è un momento di ritrovo delle varie comunità. «Gli italiani – continua Yapo – devono capire che noi ridiamo come loro, che piangiamo come loro. Siamo esseri umani come gli altri e che la sicurezza non c’entra nulla con l’integrazione».
La richiesta che viene avanzata da tutti è rientrare nella normalità. L’immigrazione viene sempre rappresentata come un fenomeno che oscilla tra la straordinarietà dell’evento e marginalità del comportamento.  
« I politici devono capire che l’immigrazione non è un fenomeno e nemmeno un problema: è una realtà – dice Iham Mourtadi, da 15 anni in Italia metalmeccanico e candidato alle regionali nelle file della Federazione di Sinistra-. Gli immigrati lavorano, pagano le tasse, ma non vengono inclusi perché vengono percepiti come un problema. Io sono contrario a uno sciopero dei migranti perché inserisce una divisione tra i lavoratori che è pericolosa. Questa giornata non è uno sciopero, ma un momento di sensibilizzazione».
Per molti immigrati l’inclusione di cui parla Mourtadi si declina solo sul piano del lavoro. Si stenta, invece, ad avere chiarezza sul piano dei diritti civili, senza il riconoscimento dei quali dare concretezza alla parola integrazione deiventa difficile. «È chiaro – spiega Elisa Russo, della Uil immigrati –  che non sono solo lavoratori ed è altrettanto chiaro che senza gli immigrati non andiamo da nessuna parte, perché il loro apporto è fondamentale».
«Dietro ogni lavoratore, immigrato o italiano che sia – dice Jacques Amani della Cgil – ci sono i diritti e da questi bisogna ripartire. Quando si è sul posto di lavoro si chiede di produrre, non importa se sei immigrato o no. Ma la vita di una persona non finisce con l’orario di lavoro, quindi questo è l’inizio di un percorso di lotta e di integrazione affinché venga riconosciuto il contributo degli immigrati in Europa».

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Sciopero del primo marzo 4 di 20
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Pubblicato il 01 Marzo 2010
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