Mani mozzate: “Trovata l’arma del delitto”
Lo sostengono la Procura e la squadra mobile, le analisi scientifiche dovranno confermarlo. Trovato da un cittadino dietro la spazzatura a 30 metri dalla villetta. Le figlie di Piccolomo confermano: "E' il coltello di nostro padre"
Un coltello usato per disossare i prosciutti, di circa 30 centimetri, con una crepa nel manico nella parte inferiore e un’agile lama a stiletto. E’ stato trovato alcuni giorni fa a Cocquio Trevisago, a 30 metri dalla casa di Carla Molinari, da un abitante di una casa di corte nella zona del delitto in via Dante. L’uomo lo ha segnalato ai carabinieri, che lo hanno consegnato alla polizia. La squadra mobile ha convocato nelle scorse ore le figlie di Giusepe Piccolomo, l’uomo accusato di aver ucciso la donna il 5 novembre, le quali hanno riconosciuto quel coltello. Il sospettato lo avrebbe usato, in passato, in due diversi ristoranti, a Cocquio Trevisago e Caravate, dove la famiglia Piccolomo gestiva attività di ristorazione.
In particolare, le donne hanno sostenuto di aver lavato, in passato, quell’oggetto e di averlo visto più volte utilizzare dal padre, che ne era in qualche modo affezionato. Secondo le due donne, Piccolomo lo utilizzava per disossare i prosciutti. Sarebbe la prova decisiva per attribuire all’ex ristoratore la paternità del delitto delle mani mozzate. Ma per averne la certezza, ora, l’oggetto deve essere analizzato dalla polizia scientifica, che indagherà sulle tracce di sangue e del dna. Gli inquirenti sembrano certi di aver fatto centro, e hanno convocato, questo pomeriggio alle 15, l’indagato in procura, chiedendo se avesse mai visto quell’oggetto. Pippo, come è conosciuto in paese si è però avvalso della facoltà di non rispondere. I suoi legali, Simona Bettiati e Giovanni Pignataro, sostengono che la lama è stata semplicemente mostrata al loro cliente ma che non è stata fatta alcuna indagine scientifica e dunque non ci sono attualmente evidenze contro di lui.
Gli indizi che portano gli inquirenti a pensare che si tratti dell’arma del delitto sono, oltre alla testimonianza delle figlie, il fatto che il coltello sia compatibile con le ferite riportate da Carla Molinari sia sul corpo, che in ordine alla recisione delle mani. Lo ha confermato, infatti, il medico legale che ha effettuato l’autopsia e che già nelle sue prime conclusioni aveva sottolineato come la donna potesse essere stata colpita con una sorta di stiletto.
Se fosse davvero l’arma del delitto, sarebbe ancora più paradossale il fatto che per tanti mesi sia stata nascosta sotto gli occhi di tutti. Eppure, era introvabile, perché lo stiletto è stato rinvenuto per un puro caso da un residente che, una mattina di marzo, ha notato un bidone della spazzatura nella griglia di ferro condominiale che non si chiudeva bene. Ha spostato la griglia, collocata all’interno di una nicchia ricavata appositamente nel muro, e ha visto il coltello incastrato a terra in mezzo a dei sassi. Non era di nessuno dei condomini e sembrava proprio quello di un macellaio. Ha fatto due più due. E adesso, se la scientifica confermerà tutto, si potrà davvero dire che il caso è chiuso.
«Il perito ritiene l’arma compatibile con l’azione meccanica di disarticolazione delle ossa – ha detto il Procuratore di Varese, Maurizio Grigo – e con le ferite sul corpo della donna». Il procuratore Maurizio Grigo, il pm Luca Petrucci e il capo della squadra mobile Sebastiano Bartolotta, hanno commentato la novità investigativa nel pomeriggio in procura a Varese.
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