La vita dopo il carcere, un ritorno possibile nella società

"Non solo accoglienza" è un progetto per aiutare ex detenuti a costruire un nuovo percorso di vita nella società a partire dal lavoro

Per una persona detenuta il giorno più bello è solo uno, quello della scarcerazione. Ma spesso ci si dimentica che quando si chiudono alle spalle i cancelli del carcere, inizia un nuovo percorso che può essere anche più difficile della detenzione. Rientrare in famiglia, cercare un lavoro, affrontare una società per cui sei ormai un "etichettato". Per affrontare questa fase delicata è nato il progetto "Non solo accoglienza" voluto da Vol.Gi.Ter (Associazione Volontariato Giustizia Territorio), Enaip, Exodus e Intrecci. L’obiettivo di questa serie di iniziative che avranno una durata triennale è quello di intervenire sui temi della formazione, del lavoro e dell’abitazione per persone detenute o ex detenute nella Case Circondariali di Varese e Busto Arsizio e per le loro famiglie. Il progetto sarà sostenuto da una spesa complessiva di 628.841 euro ed ha ottenuto un finanziamento della Fondazione Cariplo pari a 320.000 euro.
«Chi esce dal carcere – spiega Marco Pozzi presidente di Volgiter – a volte non è di nessuno: senza residenza, senza famiglia, senza lavoro. “Non solo accoglienza” vuole fornire a queste persone un percorso di reinserimento nella società, ma anche lavorare sul contesto sociale. Il messaggio che deve arrivare infatti è che una persona che ha svolto un percorso all’interno e all’esterno del carcere, che ha un lavoro e una nuova opportunità è una garanzia di maggior sicurezza per la società». I partner del progetto – in collaborazione con altri enti fra cui le due carceri di Varese e Busto, l’Ufficio di esecuzione penale esterna, il Sert di Gallarate, la cooperativa Sol.Co, i servizi sociali dei comuni e altri – per la prima volta nella realtà delle provincia di Varese lavoreranno in squadra per costruire percorsi individualizzati di reinserimento.
La platea di potenziali utenti è composta da 130 e 420 uomini detenuti rispettivamente a Varese e Busto e da 220 persone che sul territorio scontano pene alternative al carcere. Oltre a loro, ci saranno delle azioni rivolte alle loro famiglie, agli operatori sociali e alla comunità locale. «Le fasi del progetto saranno diverse – continua Pozzi -. La prima avverrà in carcere tramite uno sportello. Una volta fuori, sarà attivo un altro sportello aperto sia ai detenuti che alle famiglie. Queste due realtà raccoglieranno le richieste degli utenti e a partire da queste verranno attivati percorsi diversi». Le esigenze emerse da uno studio sulla popolazione detenuta nelle provincia sono infatti varie e vanno dalla necessità di avere un’abitazione a quella di migliorare le proprie competenze professionali. Per questo gli strumenti che il progetto metterà a disposizione, oltre agli sportelli, sono diversi: prima accoglienza di detenuti ed ex detenuti in permesso in Casa Onesimo (struttura gestita da Vol.Gi.Ter. a Busto Arsizio); seconda accoglienza per ex detenuti in cinque appartamenti fra Varese e Busto; sostegno emotivo e morale alle famiglie; formazione, sostegno economico e inserimento lavorativo; formazione e consulenza per sostenere un progetto imprenditoriale. Ci saranno anche iniziative specifiche per persone con problemi di tossicodipendenza fra cui l’accoglienza di detenuti in permesso o ex detenuti presso Exodus. «L’obiettivo principale è quindi quello di contrastare la recidiva – spiega Giacomo Chillè di Uepe  -, ma anche di migliorare l’organizzazione fra i vari enti coinvolti». Un elemento di novità rispetto ad altre iniziative è la volontà dei partner coinvolti di operare in un’ottica di integrazione delle risposte da dare al singolo, della continuità della cura riabilitativa e dello sviluppo culturale della comunità locale.
Un’attenzione particolare sarà rivolta alla comunità locale, perché anche gli stereotipi esistenti sul mondo del carcere rappresentano un ostacolo per chi ha vissuto esperienza detentiva. «In questo periodo di crisi – commenta l’assessore Gallaratese Giovanni Bongini – una persona che esce dal carcere è vista come “fumo negli occhi”. Come amministrazione abbiamo quindi accolto subito la proposta di Exodus di sostenere questo progetto che permette anche di aiutare famiglie che a volte vivono in situazioni difficili da immaginare».
Formalmente il progetto è partito a gennaio di quest’anno, ma le attività inizieranno a tutti gli affetti a partire da maggio. «Altre volte abbiamo sognato di mettere in piedi un’organizzazione di questo tipo – conclude Pozzi – stavolta crediamo proprio che le buone premesse che ci sono porteranno ad una nuova realtà».   

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Aprile 2010
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