Uno stato nello Stato che comandava anche a casa nostra
Ecco come funzionava l'organizzazione mafiosa attiva anche in provincia di Varese: omicidi, estorsioni e una struttura ramificata e armata messa a freno dall'inchiesta che ha portatao in carcere oltre 300 persone
Una Regione divisa in 15 “Locali” di cui due praticamente in provincia di Varese (Rho e Legnano-Lonate Pozzolo). Summit dove veniva decisa l’entrata nell’organizzazione di nuovi affiliati a Cardano al Campo. Omicidi in bar ed esercizi pubblici a Lonate Pozzolo. La mafia calabrese, la ‘Ndrangheta, si svela come in un documentario, per dirla con le parole dell’inviato di Repubblica Pietro Colaprico, e che tanto somiglia alla ricostruzione fatta nel corso degli anni ’80 – ma attraverso un pentito, Tommaso Buscetta – di Cosa Nostra, la mafia siciliana.
L’organigramma della ‘Ndrangheta lombarda era composto da tante “Locali” cioè strutture territoriali che facevano capo a responsabili. Quindici, appunto, con criteri territoriali che rispettavano il diverso peso economico dei centri gravitanti attorno la metropoli meneghina: Bollate, Cormano, Limbiate, Milano, Solario, Pavia, Erba e Canzo, Desio, Seregno, Legnano/Lonate Pozzolo, Pioltello, Mariano Comense, Corsico, Bresso, Rho. Le famiglie che comandavano a Legnano sono i Rispoli, a Rho i Sanfilippo.
E così si scopre una ramificazione capillare che non risparmiava nessun comune, nessun interesse economico. Estorsioni, edilizia, usura: l’attività della ‘ndrangheta è legata a tutti i campi dell’impresa in Lombardia.
Nel 2008 una riunione di Locali si tenne proprio al “Crossodromo” di Cardano al Campo: una cena durante la quale avvenne la cerimonia per concedere una “dote”, il valore di merito che si conferisce ad un affiliato. Più aumenta la dote, più sale di grado.
Quella riunione del 2008 era una “società”, vale a dire una riunione di più affiliati.
Per fare parte dell’organizzazione è necessario avere un’età non inferiore a 14 anni.
I livelli dell’organizzazione sono due: la “minore” e la “maggiore”; nella prima sono compresi i picciotti e gli affiliati più giovani. Nella maggiore invece i gradi più alti che prendono nomi da un linguaggio religioso: santista, vangelo, quartino, trequartinio e così via.
Esiste un tribunale che giudica le colpe divise in “trascuranze” e “sbaglio”: quest’ultimo prevede la pena capitale.
Al vertice siede il Capo Crimine (Domeinico Oppedisano, arrestato ieri), e nel livello inferiore un contabile, un “Mastro generale”, un “Capo Società”, e un “Mastro di giornata”: gradi corrispondenti ai generali di uno stato maggiore sempre in guerra con lo Stato e la legalità.
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