Il lago di Varese com’era: il ricordo dei pescatori del porto di Cazzago Brabbia

Mentre proseguono i lavori di risistemazione del porto i pescatori raccontano la vita sul lago negli anni Cinquanta

Si è discusso molto del Lago di Varese in questi ultimi anni: ne hanno parlato politici, tecnici, operatori turistici. Ciascuno con la soluzione in tasca per rilanciare, ridare vita e promuovere quelle sponde un tempo ricche di vita e di pesca. Oggi vogliamo far parlare chi sul quel lago ha passato un’intera vita, chi lo ha amato e chi tutt’oggi rimane il miglior custode. A Cazzago Brabbia di pescatori ne sono rimasti solo tre, un antico mestiere che hanno ereditato dai padri ed ancora prima dai nonni.

Natale Giorgetti parla del Lago come se parlasse di un pezzo di sé: «il Lago è cambiato completamente: era diversa l’acqua, era diverso il porto ed era diversa la vita che si svolgeva intorno al lago».

Si ricorda come era il porto di Cazzago Brabbia?

Era formato da due grosse anse dove si poteva attraccare con le barche. In mezzo vi erano dei grossi sassi dove le donne tutte le mattine andavano a lavare i panni. Il lago ci dava da vivere, era luogo di incontro e fino a quando non vi era l’acqua potabile serviva anche per l’igiene personale. Mi ricordo che il sabato ci si trovava tutti alla spiaggia, i più grandi si facevano la barba appendendo gli specchi alla meglio sugli alberi. D’inverno si giocava a hokey con bastoni e fondi di lattina e d’estate si facevano gare di nuoto e di resistenza sott’acqua.

Che pesce pescavate e quando andavate al largo?

Il Lago di Varese è sempre stato ricchissimo di pesce, dal più pregiato pesce persico alle alborelle. Fino agli anni Sessanta pescavamo 1.500 quintali l’anno. Si usciva al largo intorno alle due/tre di notte, si buttavano le reti e si aspettava fino a quando albeggiava, con un bastone si picchiava sull’acqua per spaventare i pesci che finivano nelle reti.

Il pesce veniva conservato nelle Ghiacciaie?

In gennaio si raccoglievano grossi pezzi di ghiaccio dal lago che venivano messi nelle fosse delle ghiacciaie, alternato a strati di scorza di riso e l’ambiente si manteneva freddo fino a giugno. Il pesce pescato veniva conservato per essere portato al mercato di Milano. Un carro con i buoi partiva a tarda sera per arrivare a Milano verso le quattro del mattino.

Oggi pescate ancora?

Io non ho mai smesso di andare a pescare anche se oggi non permette più di vivere. Le cose sono cambiate ed il nostro lavoro è quello di disinfestare dai pesci-gatto che sono ormai tantissimi e hanno modificato l’equilibrio biologico del lago. Purtroppo è un pesce senza mercato e finisce per lo più negli inceneritori.

Quando ha incominciato a pescare?

Avevo 12 anni quando mio padre mi diede una barca. Allora era come avere una BMV.

Ed il lago come era?

Era limpidissimo, ho imparato a conoscere i pesci e i loro movimenti osservandoli dalla barca.

Quando è cominciato a cambiare?

Negli anni sessanta con l’esplosione del boom economico. Da allora tutte le ditte hanno cominciato a scaricare nel lago provocando un altissimo grado di inquinamento.

Luigi Giorgetti, altro pescatore custode dei segreti del lago ricorda che «la prima causa che abbiamo intentato era nel 1948 contro un grande stabilimento tessile di Varano Borghi. Poi è arrivata la Ignis e da li molte altre industrie. La nostra lotta è sempre stata difficile, pochi amministratori dell’epoca capirono il danno che si stava facendo al lago.

Signor Luigi quanti pescatori eravate?

A Cazzago Brabbia nove per un totale di 32 su tutto il Lago.

Andavate d’accordo con gli altri?

Direi proprio di no. C’è sempre stato molto campanilismo ma una concorrenza leale.

Signor Natale cosa augura al Lago di Varese?

Mi auguro che ritorni ad essere almeno al 50% di come era, è una pugnalata al cuore vederlo così.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Marzo 2005
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