“Metà provincia a rischio idrogeologico”

La classifica di Legambiente sui comuni. Virtuosa Castelveccana. Maglia nera invece Sesto Calende

914 Comuni classificati come a rischio frane o alluvioni in Lombardia, con 300.000 persone potenzialmente esposte. In provincia di Varese sono 69 i Comuni coinvolti, compreso il capoluogo, il 49% del totale provinciale: 18 a rischio frana, 45 a rischio alluvione e 6 ad entrambe. 

Sono i risultati del rapporto 2010“Ecosistema Rischio” redatto da Legambiente e Protezione Civile, dove viene valutata l’esposizione al rischio idrogeologico (presenza di industrie, case o interi quartieri nelle zone a rischio) e le azioni positive o negative da essi attuate, come la manutenzione degli alvei dei fiumi, la messa in sicurezza, delocalizzazioni, redazione di piani di emergenza, attività di informazione e sensibilizzazione.

La situazione del Varesotto non è tra le peggiori della regione, ma poche sono le realtà che raggiungono un dato positivo: spicca Castelveccana, che si aggiudica un 7 per non avere aree industriali in zone a rischio, aver recepito il Piano di Assetto Idrogeologico ed aver predisposto azioni di informazione e piani di intervento, conquistando l’undicesimo posto a livello regionale (classifica “vinta” da Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia) e il primo a livello provinciale. Positiva o sufficiente valutazione anche per Cuvio, Oggiona S.Stefano, Malnate, Grantola, Mesenzana.

Sesto Calende invece ottiene il record negativo: maglia nera regionale insieme a Isola Dovarese (CR) con la pessima valutazione di 0,5 a causa di industrie e interi quartieri in aree a rischio senza interventi di delocalizzazione e di un piano d’emergenza aggiornato. Negative valutazioni anche per, tra gli altri, Cassano Magnago, Laveno, Porto Ceresio, Cardano, Cittiglio, Besano, Castelseprio, Olgiate, Cadegliano, Gavirate e Taino.

La stessa città di Varese con la sua insufficienza pari a 5 non brilla, anche se altri capoluoghi hanno situazioni ancora più critiche. Il rapporto evidenzia la presenza di industrie e abitazioni in aree a rischio e la loro mancata delocalizzazione, mentre in positivo anche l’attuazione di sistemi di monitoraggio, lavori di manutenzione degli alvei dell’Olona e del Vellone e la realizzazione utili opere idrauliche. Ultimo dato negativo, però, è l’assenza di un piano di emergenza aggiornato negli ultimi due anni.

«Non stiamo parlando di meri dati, numeri e tabelle – spiega Alberto Minazzi, coordinatore provinciale di Legambiente – tutti abbiamo potuto constatare negli ultimi anni che cosa sia il dissesto idrogeologico e quali conseguenze comporti, basti pensare a quello che è successo l’anno scorso a luglio a Varese. Purtroppo quello che spesso accade è che i comuni si attivano, quando lo fanno, soprattutto quando il danno è gia successo».

Legambiente sottolinea infatti che «Non si possono restringere e cementificare gli alvei dei fiumi, come per esempio successo con la costruzione dello svincolo dell’Iper, e poi stupirsi degli effetti. E a Varese il progetto della Gasparotto – Borri continua ad andare nella direzione sbagliata, essendo l’area interessata a rischio idrogeologico».

Per l’associazione ambientalista è dunque nelle scelte di pianificazione che si deve intervenire. «Basta permessi di costruire nelle zone non adatte, – conclude Minazzi – senza considerare le modifiche che si apportano all’equilibrio idrogeologico, in particolare in un territorio, come il nostro, ricco di corsi d’acqua. Il problema, per esempio, della ricerca dei fondi statali per poter ripristinare i luoghi vittima di alluvioni e/o frane può essere evitato pensando a soluzioni a monte del problema e non esclusivamente a soluzioni tampone. Comunque sarebbe importante avere a Varese i 42 milioni per favorire la delocalizzazione e ridare lo spazio necessario ai nostri fiumi». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Ottobre 2010
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