Torna la paura dell’Aids: a rischio i ventenni

L'allarme lanciato dal primario dell'ospedale di Circolo Paolo Grossi . Ogni settimana almeno due casi di contagio. Ripresi anche i ricoveri per malati terminali. Massima attenzione anche a Busto

La pubblicità progresso che veniva trasmessa quando si affrontava l'emergenzaSono almeno un paio di casi alla settimana. Arrivano in ospedale pensando alla mononucleosi e si accorgono di aver contratto il virus dell’Hiv. È quanto denuncia il professor Paolo Grossi, primario di Malattie infettive all’ospedale di Circolo di Varese: « Si tratta soprattutto di ragazzine e di giovani omosessuali. Quando capiscono di essere sieropositivi hanno una reazione devastante perchè non sanno nulla. Ignorano che ci sono frarmaci capaci di arrestare la progressione virale così come hanno ignorato prima che bastava un rapporto protetto per evitare una situazione con cui dovranno convivere tutta la vita».

A peggiorare un quadro già abbastanza preoccupante anche la crescita dei casi di malattia conclamata: « Sono almeno un paio d’anni che assistiamo al ricovero di persone dove il virus ha silenziosamente distrutto il sistema immunitario. Quando vengono ricoverati sono già affetti da patologie gravissime: dal tumore alla toxoplasmosi encefalica – spiega il primario – Anche in questo momento abbiamo due pazienti ricoverati. Si tratta di persone che hanno contratto il virus anni fa e che non se ne sono mai accorti».

In alcuni casi il virus dell’Hiv non dà reazioni iniziali,  il corpo "ospita" questo nemico che piano piano distrugge le difese immunitarie: « Si deve tornare ad alzare il livello di guardia. Soprattutto tra i giovani e i giovanissimi che non hanno vissuto gli anni del grande tam tam mediatico. Le più a rischio sono proprio le ragazze, tra i 20 e i 30 anni, che affrontano rapporti occasionali senza protezione. Anche il fenomeno tra i ragazzi omosessuali è in deciso aumento».

Al giorno d’oggi, i contagi avvengono quasi esclusivamente per via sessuale, soprattutto rapporti etero (50%) e omo (40%), mentre sono pressocchè scomparsi i casi legati alla tossicodipendenza: « Registriamo anche casi di pazienti più anziani che hanno contratto la malattia almeno una decina di anni fa ma che non hanno mai sospettato nulla. Ci sono mariti che infettano la moglie. Io raccomando sempre a tutti il test: se qualcuno sa di aver avuto esperienze  occasionali non protetti è meglio che si sottoponga al test per fugare qualsiasi dubbio e non ritrovarsi malato tra qualche anno. Purtroppo, molte ragazze giovani provenienti dall’Est sono sieropositive. La raccomandazione è: massima prudenza quando non si conosce bene il partner».

Un ambulatorio dove effettuare test e un colloquio in forma gratuita e del tutto anonima c’è anche all’ospedale di Busto: « Ogni mercoledì dalle 14.30 alle 15.30 abbiamo un medico dedicato – spiega il primario degli infettivi di Busto Tiziana Quirino – In questi colloqui ci rendiamo conto di quanto spaesati siano i giovani. I ragazzi sono convinti che la malattia non sia più diffusa e che, comunque, sia curabile. Non si rendono conto che le cure dureranno tutta la vita con costi personali non indifferenti».
Anche nel reparto bustocco, dopo anni di calma, sono tornati a crescere i ricoveri per casi di malattia conclamata: « Arrivano da noi quando ormai la situazione è molto complessa e grave. Si tratta di persone che hanno sottovalutato le conseguenze dei propri comportamenti. C’è molta incosapevolezza tra i giovani e sembra che il messaggio della pericolosità non riesca più a fare breccia. C’è anche una componente culturale: nonostante i progressi scientifici e il dibattito del decennio scorso, questa malattia porta ancora con sé la stigmate dell’emarginazione. Per cui si preferisce mentire e tacere piuttosto che affrontare la diffidenza degli altri. Non si ha il coraggio della verità nemmeno con il proprio partner. Così i casi aumentano»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Ottobre 2010
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