“Ho 16 anni e vi racconto cos’è la mensa dei poveri”
La testimonianza di Michele, studente del Liceo Linguistico Manzoni: ha cominciato a fare il volontario alla mensa dei poveri per guadagnare crediti scolastici, ma col passare del tempo si è fatto “travolgere” da questa esperienza
La povertà è un concetto per molti aleatorio, una parola che si legge sui giornali ogni tanto, quando qualche notizia diventa di moda. Se però si tocca con mano può colpire. Pubblichiamo la testimonianza di un giovane varesino, Michele, 16 anni, studente del Liceo Linguistico Manzoni: ha cominciato a fare il volontario alla mensa dei poveri di via Bernardino Luini per guadagnare crediti scolastici, ma col passare del tempo si è fatto “travolgere” da questa esperienza, conoscendo un mondo per lui nuovo, diverso da quello che si aspettava, per molti versi triste, ma con qualche barlume di speranza
È nato tutto come una scusa per avere il credito assicurato a fine anno. Ma quando arrivi là, quando conosci le madri che gestiscono la mensa dei poveri, quando prepari con le tue mani la cena di una sera per persone che non hanno neanche i soldi per comprarsi una confezione di pasta in un discount, quando servi i "sacchetti" contenenti i viveri ai poveri, capisci che non è tutto bello e "facile" come ti era sembrato all’inizio.
Ogni giovedì pomeriggio, dalle 5 e mezza in poi, da due mesi e mezzo vado alla Mensa dei Poveri di via Bernardino Luini a Biumo. Là, in tre ore di volontariato, preparo con altre cinque persone di svariate età e a volte con qualche seminarista i pasti per i poveri della città. Prepariamo panini che farciamo e impacchettiamo prima di smistarli nei sacchetti; dalle 7 e mezza li consegniamo in mano alla povera gente che viene a chiederceli. Cuciniamo anche la pasta che poi impacchettiamo in alcune ciotole d’alluminio che aggiungiamo al corredo di vivande presenti nel sacchetto (merendine, yogurt, acqua, panini); abbiamo anche l’incarico di pulire le pentole e tutto ciò che abbiamo utilizzato.
Quando arrivano le 7 e mezza, arriva anche il momento più straziante delle 3 ore di volontariato: la consegna dei sacchetti. La maggior parte delle persone che vengono a chiedere cibo e (soprattutto ora che fa freddo) cappotti, coperte e vestiario, sono stranieri di mezza età, ma non mancano anche giovani italiani disoccupati che hanno una famiglia, anche numerosa a volte, da mantenere non si sa come. Ci sono anche bambini che vengono a prendere 4 sacchetti o più per la famiglia che magari risiede a 10 chilometri da lì. Si incontrano persone che, lasciatosi alle spalle un passato difficile, non riescono a far ripartire e ricominciare una vita dignitosa. A volte vengono le lacrime agli occhi quando consegni nelle mani tremanti di un uomo che non sa dove andrà a dormire, senza un lavoro, senza una famiglia, un sacchetto che sai che riuscirà a placare la fame solamente per poche ore, e che domani si ritroverà nella stessa condizione di oggi. Ma a volte capita anche di servire da mangiare ad un ragazzo che dice entusiasta di aver trovato finalmente lavoro! E a quel punto viene voglia di abbracciarlo e augurargli buona fortuna!
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