Il pm Abate chiede due ergastoli per l’omicidio di Dean Catic

Durante sei ore e mezza di requisitoria il pubblico ministero ha ricostruito la terribile scena del delitto negando a Merani e Bacchetta ogni attenuante. Il cumulo dei reati annullerebbe i benefici del rito abbreviato

Il pubblico ministero Agostino Abate (foto) ha chiesto la pena dell’ergastolo per Jacopo Merani e Andrea Bacchetta, i due ventenni che nel 2009 attirarono in una trappola l’amico Dean Catic, 17 anni, e lo uccisero a coltellate, seppellendo il corpo nel giardino della casa di Merani, a Varese, in via Duni.
Il pubblico ministero, davanti al gup Giuseppe Fazio, ha ricostruito la scena del delitto in una requisitoria, in camera di consiglio, durata sei ore e mezza. Il processo si celebra con il rito abbreviato, ma la procura non ha concesso molti sconti ai due imputati (in aula era presente solo Bacchetta). La richiesta dell’ergastolo deriva dal cumulo delle pene per i reati che vengono contestati: omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi, e della crudeltà unita a sevizie. Ma anche occultamento di cadavere, possesso di coltello, calunnia (per il solo Merani) e soprattutto spaccio di droga con l’aggravante di averla ceduta a minorenni.
Il conto è presto detto e il sostituto procuratore Agostino Abate ha offerto solo una cosa ai due imputati, lo sconto dell’isolamento diurno. La procura è radicalmente contraria a tutte le tesi difensive. La perizia psichiatrica che aprirebbe per Merani una possibile seminfermità non convince per nulla il pm, che invece propende per una azione ben congegnata, e premeditata. Abate boccia anche l’idea che Bachetta possa aver subito una leadership di Merani.

La ricostruzione dell’omicidio parte dal movente.  Futile. E segnato da banali rancori e risentimenti personali. Andrea Bachetta, qualche mese prima del delitto, aveva cagionato un danno all’auto del fratello di Dean Catic. Aveva promesso di rifonderlo, ma poi aveva fatto finta di niente. Per questo, Catic gli aveva inviato un buttafuori sotto casa, per spaventarlo, obbligando Bacchetta a barricarsi in casa.

Jacopo e Andrea, da quel momento, avevano rotto con Dean. I due divennero una coppia inseparabile. Tra loro, secondo l’accusa, si era creato un rapporto criminale dovuto alla comune attività di spacciatori di droga nel quartiere. A sorpresa, però, Bachetta aveva poi riaccolto come amico Dean, creando a sua volta una gelosia in Merani. 

Con queste premesse, nacque l’idea dell’agguato. I due ragazzi non sarebbero affatto degli improvvisatori. E lo dimostrerebbe un episodio accaduto l’inverno precedente il delitto. Bacchetta fu trovato a spacciare droga dalla polizia nel garage di un 15enne. Quest’ultimo si accollò tutte le colpe. Invece di ringraziarlo, insieme a Merani, una sera lo caricarono in auto, con la scusa di accompagnarlo a casa, e lo abbandonarono nei boschi di Lissago. Come se non bastasse, tornarono a prenderlo e lo gettarono nel lago gelato, alla Schiranna.
La notte del delitto, la modalità della trappola fu simile. Il pm ha indicato come prova della premeditazione un sms inviato a Bacchetta, da un amico, alle 23 e 30 di quel 24 aprile. Il testimone implorava Andrea di non uccidere Dean. L’imputato lo lesse ma lo cancellò subito. Quanto alla divisione delle responsabilità, il sostituto procuratore non fa alcuna differenza: il piano fu pienamente portato a termine da entrambi, dalle prime coltellate alle Bustecche, fino al colpo finale in giardino a Bizzozero. E inoltre: secondo l’accusa, i due ragazzi, con il cadavere ancora in giardino, ricevettero in casa degli amici, a cui vendettero droga, vantandosi di aver fatto fuori un rivale.
I tempi sono documentati dai cellulari. L’agonia di Dean durò quattro ore, come si evince dall’orario del sms inviato dal testimone a Bacchetta (23 e 30), fino alla chiamata con cui Merani, da casa, contattò il suo cellulare che aveva perso mentre impacchettava, in garage, il corpo della vittima nel cellophane (ore 5 e 20 della mattina).
Dean poteva essere salvato. Nessuna ferita, fino ai colpi di grazia sferrati in giardino con un piccone, fu mortale, anche perché il ragazzino aveva indosso due felpe e un giaccone pesante. Merani sostiene infine di aver proposto qualche ora prima, al complice, un trasporto in ospedale della vittima (Dean era stato ferito più volte con un coltello e caricato in macchina ma era vivo).  
Per il pm, però, non c’è perizia o attenuante che tenga: quei ragazzi sono dei lucidi assassini. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Febbraio 2011
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