Mani mozzate, in aula il video dell’orrore

Al processo viene mostrata la scena del delitto. Video e foto realizzati la notte dell'omicidio dalla polizia scientifica, se che mostrano il corpo della povera Carla Molinari. Piccolomo era presente e non ha battuto ciglio

Un cadavere mutilato, senza le mani: gli occhi aperti che guardano il soffitto, il corpo rigido, il maglioncino rosa con i buchi del sangue, il colletto che cela il profondo taglio alla gola, i pantaloni slacciati, una ciabatta al piede, l’altra in terra. E’ la scena del delitto delle “mani mozzate”, portata in aula durante la deposizione di Sebastiano Bartolotta, il capo della squadra mobile di Varese, che ha risposto per tutto il pomeriggio di lunedì alle domande del pm Luca Petrucci e dell’avvocato dell’imputato, Giuseppe Piccolomo, Simona Bettiati.
Il delitto della ex tipografa Carla Molinari è stato analizzato attraverso la telecamera della polizia, che quella notte, il 5 novembre del 2009, entrò in azione in via Dante a Cocquio Trevisago. Lo ha spiegato lo stesso dirigente di polizia: «Decisi di entrare con la telecamera della scientifica per fissare ogni minimo particolare utile all’indagine». Il video, secco e senza commenti, dura 13 minuti ed è un documento terribile, degno di un thriller. L’immagine indugia prima nell’anticamera, poi nella cucina, dove la patente di Carla e alcuni documenti erano stati rovesciati sul tavolo; entra poi nelle altre stanze, dove si riconoscono un paio di orme intrise di sangue. Si passa alla camera da letto, con tutti i cassetti rovesciati; si entra in soggiorno, relativamente ordinato, e infine si arriva alla camera da letto degli ospiti, dove appare all’improvviso il corpo della vittima; la braccia larghe sul pavimento che terminano con i monconi e lo sguardo impietrito, sgomento.

Giuseppe Piccolomo era presente in aula e guardava, attento, seduto accanto al difensore. La camera mostra anche i quattro mozziconi trovati in casa. «Convocammo nella notte la scientifica di Milano – ha raccontato il capo della mobile – quando finirono l’ispezione mi dissero che l’assassino si stava prendendo gioco di noi, perché sui mozziconi non c’era nessuna traccia di cenere. Era chiaro che qualcuno li aveva messi per depistarci». Bartolotta ha ricordato tutti i passaggi dell’inchiesta e gli indizi dell’accusa: le prime piste portarono a escludere una serie di sospetti, fino a quando una testimone, dopo aver letto dai giornali della beffa dei mozziconi, si ricordò di aver visto un uomo prendere delle cicche di sigarette e metterle in un barattolo, davanti al centro commerciale di Cocquio. La squadra mobile andò una settimana dopo, alla stessa ora, nello stesso bar, e prese tutti i mozziconi che trovò. Le analisi del dna mostrarono che una delle cicche trovate in casa Molinari aveva lo stesso profilo genetico di quelle analizzate al bar, confermando la credibilità della testimone.
I filmati e i tabulati telefonici del centro commerciale confermano inoltre che Pippo fosse in quei luoghi e che sia passato, alle 15 e 07, vicino a casa di Carla (Pippo, per le ore del delitto, non ha un alibi). Il giorno dopo l’omicidio fu visto dal messo comunale di Ispra con dei graffi in faccia, ed ecco spiegato perché avrebbe mozzato le mani alla vittima. E poi la prova più importante: Carla fu colpita con due coltelli, che la polizia ritiene di aver trovato. Una lama per disossare prosciutti, come quella che fu trovata il 25 marzo 2010 dietro un cassonetto di via Dante a Cocquio Trevisago, e un pugnale seghettato, come quello rinvenuto a casa di Piccolomo, il giorno dopo l’arresto. Su questa lama, le indagini scientifiche hanno già dimostrato che c’è il sangue della vittima: è la prova più importante del processo. In mattinata sono stati sentiti i testimoni che scoprirono il corpo
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 07 Febbraio 2011
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