“Sulla cava non ci avevano avvisato”. I comitati chiedono aiuto alla Regione

Incontro fra i rappresentanti e i consiglieri regionali della commissione Ambiente in Consiglio regionale. Settimana prossima verranno convocati Provincia ed enti locali

Ascoltate, chiedete, venite a vedere ma non fate cadere nel silenzio la situazione di Cantello e dei paesi vicini. Sono una richiesta di aiuto e un grido d’allarme – gli ennesini – quelli che i rappresentanti dei comitati contrari alla cava Italinerti ex Coppa hanno rivolto ai consiglieri regionali nel corso della seduta della Commissione Ambiente.  L’incontro, che si è svolto oggi mercoledì 9 febbraio, segue di pochi giorni l’affollata assemblea di venerdì a Palazzo Estense. Hanno partecipato numerosi rappresentanti delle 39 associazioni locali nate contro la riapertura della cava meglio conosciuta come "cava Trescali". Fra loro, il coordinatore Angelo Mina, il vice sindaco di Cantello Clementino Rivolta, il rappresentante locale di Legambiente Serafino Legnani e l’ex direttore di Aspem Varese Emanuele Bossi. Tutti insieme per chiedere ancora una volta di non riaprire la cava.

Attualmente sono in corso i lavori per la messa in sicurezza della cava, resisi necessari dopo l’escavazione non autorizzata avviata dalla Italinerti circa 25 anni fa. «I lavori per la messa in sicurezza – hanno spiegato i tecnici regionali presenti – avevano avuto un primo benestare dalla Provincia di Varese e richiedono una ulteriore escavazione pari a circa un milione e mezzo di metri cubi, riducibile in caso di adozione di alcuni accorgimenti tecnici al massimo, di circa 200mila metri cubi. La società escavatrice ha inoltre accettato di innalzare il livello di escavazione di circa 14 metri al fine di ridurre al minimo i rischi di inquinamento della falda acquifera del torrente Bevera, che alimenta un bacino di oltre 100mila abitanti».
I rappresentanti di associazioni ed enti locali intervenuti che hanno chiesto l’intervento della Regione per impedire la riapertura della Cava Italinerti, si  sono appellati anche alla convenzione di Aarus per il mancato avviso dato alla popolazione e hanno chiesto una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. «Il recupero è già in atto allo stato attuale – hanno spiegato anche con la proiezione di un video – e la vegetazione sta già ricoprendo l’intera collina, tanto che al massimo entro dieci anni avrà raggiunto la cima. Per una maggiore garanzia di sicurezza è sufficiente porre un rete sulla sommità della stessa collina».

Al momento, i comitati tornano a casa con due "punti" a loro favore. Da un lato infatti, il presidente della commissione Giosuè Frosio ha assicurato loro che sulla questione coinvolgerà oggi stesso l’Assessore regionale competente Marcello Raimondi e convocherà per la prossima settimana in audizione la Provincia di Varese e tutti gli Enti locali interessati.
Dall’altra parte, i consiglieri regionale varesini non hanno fatto mancare la loro attenzione e il loro supporto. In audizione è stato infatti raggiunto un accordo bipartisan per affrontare assieme a tutte le forze politiche le criticità connesse alle operazioni di escavazione. A questo scopo, sarà preparato e sottoscritto un documento unitario che faciliti l’iter istruttorio della revisione del Piano Cave della provincia di Varese e garantisca agli Enti locali il massimo supporto sia tecnico che politico. «Obiettivo dell’iniziativa – ha spiegato il consigliere leghista Giangiacomo Longoni – è quello di tutelare la sostenibilità ambientale dell’area e la qualità della vita dei residenti. Inoltre una parte rilevante delle fonti idriche che riforniscono il Comune di Varese sono localizzate proprio nella Valle della Bevera (dove insiste la cava ex Coppa). Il proseguimento delle operazioni di escavazione metterebbe a serio repentaglio il normale funzionamento degli impianti di approvvigionamento idrico». Con lui la collega di partito Luciana Ruffinelli, che puntualizza i punti più sensibili da affrontare. «Limitare l’estrazione di materiale ai soli volumi necessari alla riqualificazione della cava; dare espletamento alla procedura di VIA; tutelare la falda potabile captata da un campo pozzi pubblico al fine di preservare la fornitura alle città interessate, fra cui il capoluogo Varese».

Un vicenda che resta comunque, secondo Alessandro Alfieri e Stefano Tosi del Partito democratico «a dir poco preoccupante. La richiesta di messa in sicurezza si spiega solo con la volontà di portare ad escavazione più di 1 milione e 500mila metri cubi di sabbia e ghiaia. Il tutto in una zona sfregiata da cave e progetti di attraversamento viario e ferroviario.Dire che si può tornare indietro nelle decisioni è doveroso, anche se questo significa ammettere che ci si è sbagliati nell’inserire questa cava di recupero nel Piano Cave provinciale. Ma sarebbe una decisione che troverebbe tutti d’accordo e sarebbe capita dalla gente. Tanto più che le ragioni addotte nella richiesta di mettere in sicurezza un vecchio sito di escavazione non sembrano giustificabili. Gli stessi uffici regionali non hanno dichiarato la pericolosità della situazione. Speriamo quindi in un ripensamento e degli atti conseguenti che aiutino a ridare serenità alle popolazioni di Cantello e del territorio».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Febbraio 2011
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