“La Whirlpool sta benissimo! Siamo noi i malati”

Intervista al giornalista Gianni Spartà, autore del libro Mister Ignis, sulla figura del patron della popolare azienda

Ventimila copie vendute in due anni e mezzo. Mister Ignis è stato certamente un successo editoriale. Uscito nell’ottobre del 2002, il lavoro di Gianni Spartà traccia la biografia del cumenda, Giovanni Borghi.
Un libro interessante, piacevole, utile. Un libro che era storia già quando è andato in stampa e che ora vede la grande impresa di nuovo nell’occhio del ciclone.

Gianni, quando è andato in stampa il libro potevi pensare che ci sarebbe stata una crisi così profonda nell’ex azienda di Borghi?
«Sì, i segni c’erano già tutti e c’erano anche le voci ricorrenti. Mi resta in mente un giorno del dicembre 2002 quando venne presentato il frigorifero a due porte. Doveva essere un momento di festa. Nuove assunzioni e nuovo sviluppo. Invece negli stessi giorni andava a regime la fabbrica aperta in Polonia. Il destino era così segnato: da noi la nicchia dei prodotti costosi per i ricchi e la grande produzione all’Est».

La Whirlpool è in crisi?
«No! La grande multinazionale sta benissimo. Sta facendo solo delle compensanzioni che ha già fatto altrove. Per loro mille posti sono un’inezia di fronte a un gigante con oltre 60mila addetti».

Allora siamo noi il problema?
«Sì, ma attenzione quando si parla di noi non dobbiamo credere che questa crisi sia dovuta all’assenza di qualche strada o cose simili. È in crisi il sistema Italia. Dai tempi di Borghi molte cose sono cambiate. I primi tagli pesanti li fecero gli olandesi. Ora tocca agli americani, ma non finisce con questi mille. Loro non andranno via del tutto, ma i grandi numeri ce li possiamo dimenticare. Il nostro sistema fa acqua da tutte le parti. Noi perdiamo colpi nei confronti dell’Europa e non dei paesi emergenti asiatici. Il problema non è la Cina, ma l’Est e la Turchia. Quello che rattrista è che tutti sapevano che saremmo arrivati qui, dal sindacato ai politici. Credo che la nostra preoccupazione, anche di fronte al grave problema di Cassinetta non siano questi mille lavoratori, ma 50 piccole aziende che chiudono e lasciano a casa venti lavoratori ognuna. Di queste non parla nessuno, ma è quello che sta succedendo. È la crisi di un sistema e mi fa sorridere leggere i nostri politici locali che si sbracciano nel dire che non è vero che siamo in crisi. Sarebbe più serio rimboccarsi le maniche e trovare le soluzioni altro che far finta di niente. Non serve un falso ottimismo, servono azioni concrete».

Quanto c’entra la globalizzazione con quanto sta accadendo alla Whirlpool?
«Questa azienda è una multinazionale e ragiona quindi con logiche diverse dalle nostre. Quando presentai il libro in azienda il responsabile europeo, un nero americano, mi guardava con tenerezza. Per loro è impensabile una storia come quella di Borghi. Il declino di questo mondo ha radici lontane, addirittura si può risalire alla fine degli anni sessanta quando Borghi e Zanussi tentarono di creare un grande polo italiano degli elettrodomestici. Le cose andarono poi come andarono. Zanussi morì in un incidente e Borghi da lì a poco avrebbe scoperto la sua malattia. Subito dopo arrivarono a Cassinetta la Philips e a Pordenone l’Elettrolux. Era la fine di un sogno. Il processo di internazionalizzazione dell’economia non si arresta e allora dobbiamo domandarci cosa stiamo facendo noi. Oggi c’è una sostanziale sfiducia e questo non dipende certo dalla Cina. Basta pensare alla Fiat e all’Alfa Romeo. In Germania hanno tasse e costo del lavoro più alti che da noi, ma non vivono la nostra recessione».

Cosa si potrebbe fare per arginare questo stato di cose e per riavviare una fase nuova?
«Dobbiamo ragionare di più su cosa sarà il nostro territorio. Un segnale forte arriva dal settore aeronautico. Il nostro territorio ha un background di grande livello. Produciamo di tutto e con grande capacità. La politica deve smetterla di dire che va tutto bene e deve dialogare con attenzione con l’economia. Il sistema economico ha le energie e le competenze per risollevare questa situazione, ma dobbiamo interrogarci se questa classe dirigente politica sia capace di governare questa crisi. Non bastano più gli splendidi solisti, oggi dobbiamo fare altro. Un altro esempio negativo viene dagli antifurti: la migliore delle case history di questo territorio. L’80% della produzione mondiale veniva dall’hinterland varesino, in dieci anni è finito tutto perché invece di mettersi insieme queste piccole ma innovative aziende si sono fatte una concorrenza inutile e hanno lascito lo spazio ad altre che poi sono diventate più competitive»

Sarà mai più possibile il successo di un Giovanni Borghi oggi?
«No, è un periodo irripetibile, ma oggi sarebbe anche inaccettabile. Borghi era generoso e forse ha trattato meglio lui gli operai di chiuque altro, però comandava solo lui. Non avrebbe mai accettato il sindacato nella sua fabbrica. Comunque al di là di questo oggi è il tempo delle fusioni e non degli splendidi solisti. Certo la Ignis di Borghi ha rappresentato un’epoca ed è il miglior esempio delle storia del nostro territorio. Tutti i fenomeni sociali, sportivi, politici sono passati da lì. Dal terrorismo che voleva colpire il potere delle multinazionali alla gloria sportiva. È stata un’epoca gloriosa, ora dobbiamo guardare avanti»

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Pubblicato il 03 Maggio 2005
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