L’orafo deve saper accostare forme e colori
Roberto Triacca porterà una sua creazione alla Mostra dell’artigianato artistico, che si terrà il 22 e 23 ottobre alle Ville Ponti. Esporrà un gioiello ispirato all’Unità d’Italia
«Mi piace chiamarla bottega, perché identifica bene lo spazio dell’artigiano che nel retro lavora e nel negozio, davanti al laboratorio, vende ciò che crea». Roberto Triacca ha iniziato quasi per caso nel 1975, a soli 15 anni, facendo il garzone da un orafo. Nessun esempio da emulare in famiglia, studi da perito meccanico e una grande abilità nel lavoro manuale. «Nel mio laboratorio uso pochissimi attrezzi – spiegaTriacca –. Li ho comprati usati molti anni fa, erano già vecchi all’epoca. Ma non importa perché ciò che conta per un orafo è la manualità».
Per le sue creazioni si affida alle gemme e alla Mostra dell’artigianato artistico, che si terrà il 22 e 23 ottobre alle Ville Ponti di Varese, esporrà un gioiello ispirato all’Unità d’Italia. Una collana che esprime un gioco di colori e di dimensioni, il cui risultato è un misto intrigante di solenne eleganza e semplicità naturale. Triacca elenca le pietre preziose che compongono la sua opera con un tono quasi affettuoso. «C’è un’acquamarina cabochon – spiega l’orafo – accostata ad un’ametista, un quarzo citrino, dei piccoli diamanti, un quarzo tormalina e rodonite. Nel mio lavoro c’è molto studio e ricerca del colore, delle forme e quindi degli abbinamenti armonici».
Se innovare vuol dire mettere al centro la tecnologia, allora Triacca resta fedele alla tradizione. «Ci sono tecniche nuove, ma non mi affascinano. Preferisco fare meno pezzi e soprattutto farli come li ho in testa e come mi soddisfa».
Niente elaborazioni al computer, dunque, niente disegni, solo qualche schizzo quando il cliente insiste per vedere l’idea. «Se decido di fare un pezzo – continua l’artigiano – difficilmente lo disegno, perché ce l’ho già in mente in modo nitido pronto per essere realizzato. Mi rendo conto che certe volte è difficile trasmetterlo al cliente, ma alla fine se gli piace lo acquista, altrimenti lo metto in vetrina e prima o poi qualcuno lo acquisterà. Penso che un buon orafo, con molta diplomazia, debba consigliare e far capire al cliente che se certe pietre non legano tra loro non bisogna accostarle».
È difficile trascinarlo sulla via dei nuovi materiali sintetici. Di plastica non ne vuole sentire parlare, perché Triacca è iperfedele alla pietra naturale. «Io lavoro con quello che ci dà madre natura e perciò faccio fatica ad accostare tra loro cose non naturali. Al posto della plastica preferisco un legno invecchiato o dei minerali. Anche se si tratta di particolari banali. Ad esempio, preferisco il cordino di cuoio a quello di caucciù».
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