Maroni e Reguzzoni, il freddo abbraccio tra i due big leghisti

Centinaia di militanti in platea. Sul palco anche Giorgetti e Canton. L'ex ministro: "Basta con le menate delle divisioni". Reguzzoni: "Non c'è una guerra per il capogruppo alla camera"

Un’ovazione per Roberto Maroni. Il picco dell’applausometro visto ieri sera al collegio De Filippi di Varese è suo. E dire che non era stato neanche annunciato. La segreteria provinciale del Carroccio ha organizzato una serata per spiegare a tutti i militanti la posizione del partito dopo la nascita del governo Monti. La sala era stracolma: c’era tutta la Lega della militanza di base e anche di più. Il segretario provinciale Maurilio Canton, reduce da una lunga guerra di posizione con una parte della base che lo contesta, aveva convocato Marco Reguzzoni, capogruppo alla camera e Giancarlo Giorgetti, presidente della commisisone bilancio, ma non l’ex ministro dell’interno Roberto Maroni, che però si è presentato lo stesso, con un leggero ritardo, suscitando un entusiasmo da stadio. I fotografi sembravano impazziti all’idea di ritrarlo insieme a Reguzzoni, ma lui stesso, infastidito (o forse no) ha reagito dicendo che non era più ministro dell’interno altrimenti i giornalisti così eccitati li avrebbe fatti arrestare tutti. Era una battuta, naturalmente, di quelle che spesso l’onorevole “Bobo” regala alla platea. L’ex ministro è fatto così. Tutt’altro carattere invece Marco Reguzzoni, più spigoloso e determinato, e che le cronache dipingono spesso come il suo acerrimo rivale: “Voi giornalisti state sempre a pensare che io e Maroni siamo in guerra – spiegava ieri sera Reguzzoni – ma non è così”. Già ma adesso che Maroni è tornato un soldato semplice chi farà il capogruppo alla camera? “Non è in discussione – risponde Reguzzoni –  rimane tutto com’è adesso, la questione non è stata posta da nessuno. Il capogruppo viene nominato ogni anno, a gennaio se ne riparlerà” ha poi sorriso, sornione, convinto che in fondo da quel posto Bossi non lo toglierà.
Ma è stato lo stesso Maroni dal palco a chiudere la questione delle guerre interne: "Basta con queste menate…non se ne può più". 
Il resto infatti è stato un generale calumet della pace tra maroniani e cerchiomagisti, con Canton che ha ringraziato davanti a tutti Stefano Candiani, il segretario uscente, quando questi è entrato in sala. O ancora ha detto tenuto a dire che Maroni “E’ il mio ministro dell’interno”. In privato, invece, è tutta un’altra musica e nel direttivo provinciale non è vero che tutti abbiano fiducia nel segretario. La questione non è affatto chiusa, e anche ieri sera c’era chi in alcuni capannelli criticava il gruppo di lavoro che Canton ha creato, affidando le scelte ai suoi fedelissimi, una sorta di gruppo dei 40 dove spicca il ruolo del segretario organizzativo Marco Colombo.
Ma detto questo, almeno in pubblico, il Carroccio vuole ritrovare fiducia e la platea ha lungamente applaudito le idee esposte da Reguzzoni, Maroni e Giorgetti. Che sono estremamente chiare: no al governo dei banchieri nascosti dietro la faccia rispettabile di Monti. No alla patrimoniale. No all’ici, No al provedimento di Roma capitale. No alla cittadinanza agli immigrati. Sì invece alla Padania indipendnete o all’Europa delle regioni (quest’ultima è la definizione usata da Maroni). Canton ha anche attaccato Napolitano: “Non è il mio presidente”. Reguzzoni ha spiegato che i 47 deputati che hanno tradito Berlusconi vengono per 40 unità dal sud. Maroni ha invece parlato di Berlusconi che, secondo lui, non tornerà più al potere: “La sua caduta è stata un’operazione politica, voluta per chiudere un ciclo che era iniziato nel 1994. Io non credo che nel 2013 si riaprirà quella stagione, è difficle che possa ripresentarsi lui. Credo che stiamo tornado quelli del 1989, quando eravano tutti noi della Lega contro tutti. Sento i pericoli della stagione che si andrà ad aprire, ma mi sento anche esaltato da questa lotta che ci si prospetta”. Lega di lotta e basta. Addio Roma, almeno per un po’.

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Pubblicato il 22 Novembre 2011
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