Maroni dichiara guerra a Reguzzoni: “Chi mi voleva cacciare va espulso”

Maroni contrattacca, e ora rischia Reguzzoni. A Varese l’ex ministro lancia una sfida mai vista, prima d’ora, nella Lega Nord: Umberto Bossi era sul palco, Roberto Maroni era vicino a lui e invocava, in sostanza, la fine politica dei suoi avversari. Ha usato la fatwa che gli era stata rivolta – il divieto di tenere comizi nelle sezioni – e l’ha trasformata in una sorta di vendetta politica contro Marco Reguzzoni, il capogruppo alla camera, considerato l’anima del cerchio magico, il gruppo di dirigenti che assiste Bossi a Gemonio, e che lo consiglia, ottenendo in cambio un grande potere dentro il partito. Uscendo dal teatro è stato ancora più esplicito: “Se si deve espellere qualcuno, lo si espella”.

La serata di Varese è stata uno snodo epocale nella lotta per la successione e si è infine chiusa con dei cori durissimi: “Reguzzoni fuori dai co…” e uno persino più greve contro Rosi Mauro, detta la Badante; o ancora con urla da stadio: “chi non salta è del cerchio…”.

Bossi era appena andato via ma questo era l’umore della base. Nessuno ha fermato il pathos anti-cerchista, il capo sul palco non ha battuto ciglio quando Maroni ha contrattaccato e ha lanciato un avvertimento ai “cerchiomagisti”: “Mi volevano buttare fuori dalla Lega, ma chi voleva cacciarmi forse dev’essere cacciato lui”. Il teatro ha cominciato a urlare: “fuori fuori!”. Bossi era immobile. Maroni é stato ancora più esplicito in un altro passaggio. “Dicono che sono invidioso di qualcuno che sta a Busto Arsizio – ha alluso riferendosi a Marco Reguzzoni – …ma come si fa ad essere invidiosi di uno di Busto Arsizio?”. Altra ovazione. Maroni ha detto in faccia a Bossi che gli era stata fatta una grossa ingiustizia. Il capo era seduto vicino a lui, nervoso, forse un po’ imbarazzato, muoveva la gamba sinistra, per il resto era attentissimo alla platea, voleva forse coglierne gli umori, lui che ha sempre capito nel profondo che cosa passa nella testa al popolo leghista.

Ma questa volta Maroni aveva ben chiaro cosa volesse dire: “Sono stufo di subire processi, di essere accusato che voglio fare un altro partito, la mia casa è la Lega. Ho letto con dispiacere che un segretario di Varese mi ha accusato di volere visibilità” ha osservato riferendosi al reguzzoniano Maurilio Canton, nominato da un congresso contestatissimo a ottobre. Poi ha attaccato ancora Reguzzoni che ieri aveva dichiarato di volere il congresso federale perchè in quella sede si vedrà chi sta con Maroni e chi sta con Bossi: “Noi stiamo tutti con Bossi!” ha chiosato l’ex ministro.

Il fondatore della Lega ha preso la parola e non ha battuto ciglio sulle accuse dell’ex ministro dell’interno ai suoi avversari; ha parlato dei tassisti e del governo Monti, ha girato un po’ intorno a vari temi ma alla fine ha dovuto concedere a Maroni la sua vittoria: “Ti inviterò io a fare un comizio, quella roba lì non conta più niente”. Dalla sala qualcuno ha urlato che voleva il congresso. E Bossi ha concesso ancora una volta alla base quello che voleva: “Domenica dopo la manifestazione di Milano ci sarà il consiglio federale e fisseremo le assise”.

Poi sono partiti il “Va pensiero” e i cori contro il cerchio magico. Grevi e minacciosi, ma anche liberatori. Sul palco c’erano Attilio Fontana, Dario Galli e Roberto Calderoli, considerato ondivago nella lotta tra le correnti. In platea c’erano 1200 persone, fuori altre 500. Venivano da tutto il nord, Brescia, Sondrio, Bergamo, Padova, Verona, Venezia. I varesini – raggianti per la riscossa del gruppo maroniano – Salvini da Milano, osannato in platea e tanti altri. E quel “Bobo Bobo”, urlato da far venire giù il teatro, che ormai è quasi più forte del “Bossi Bossi” di un tempo.