“Uva non fu ammazzato di botte”

Lo afferma la super-perizia disposta dal tribunale. Per i medici l'uomo è deceduto a causa di una combinazione di fattori legati a una malformazione genetica, all’alcol e allo stress. E il sangue sui jeans? Emorroidi

Giuseppe Uva non aveva le ossa rotte: è morto per una combinazione di fattori legati a una malformazione genetica, all’alcol e allo stress. E il sangue sui jeans? Emorroidi.
E’ la svolta che emerge dalla relazione che il giudice Orazio Muscato aveva chiesto a tre periti, e depositata ieri in Tribunale da professori Angelo Demori, Santo Davide Ferrara, Gaetano Thiene. I periti affermano anche che i medici non fecero errori. Dunque, nessun colpevole. Almeno a una prima analisi. Ma bisogna entrare nelle pieghe delle 156 pagine per capire che cosa succederà nelle prossime udienze del processo, perché la procura della repubblica probabilmente contesterà alcune conclusioni sulla bravura dei medici (l’indagato è lo psichiatra Carlo Fraticelli), mentre la parte civile che crede al pestaggio in caserma (Lucia Uva) si appellerà probabilmente a una considerazione, «in addendum», che il consulente di parte civile G. Gugliemi ha chiesto fosse inserita nella perizia, e che sarà esposta durante l’udienza del 19 marzo.

La dinamica della morte
Giuseppe Uva aveva una patologia cardiaca acuta (prolasso mitralico) ma fu ucciso dalla sinergica azione degli effetti di una intossicazione etilica, delle lesioni traumatiche e dalle misure di contenzione fisica. Queste ultime due, tuttavia, non sarebbe state tali da provocare il decesso di per sé, ma avrebbero concorso piuttosto nello scatenare delle emozioni (una risposta neuro-ormonale da stress) capace di portare alla morte.
Dunque «l’evento aritmico terminale» sarebbe consistito «in una tempesta emotiva legata al contenimento, ai traumi auto e/o eteroprodotti, nonché all’agitazione da intossicazione alcolica acuta». Ai fattori cronici preesistenti (prolasso mitralico, e anche una lieve alterazione elettrocardiografica) vanno aggiunti quelli acuti (la tempesta emotiva). Il fatto che il decesso sia arrivato alcune ore dopo il picco non vuol dire nulla, poiché accade che la morte soprattutto in fase giovanile possa avvenire nella fase di recupero e risoluzione della tempesta emotiva stessa.
Ma fu aggravata dai farmaci? I periti dicono di no. Il trattamento farmacologico, secondo la perizia, fu adeguato e conforme e anche la somministrazione di benzodizepina seguì le linee guida adottate in questi casi.

Le lesioni erano lievi
Gli accertamenti radiologici (tac e radiografia scheletrica) hanno rilevato l’assenza di lesività a carico delle strutture scheletriche, ivi comprese le ossa nasali, e di altre patologie di rilievo (in una seconda tac tuttavia si farebbe riferimento a due fratture al naso non emerse in prima battuta, ma non tali da uccidere). C’erano ecchimosi ed escoriazioni ma anche queste non idonee a uccidere. La perizia le definisce di lieve intensità ed entità. Come sono state prodotte? Su questo i medici rimangono aperti: o attraverso l’urto del soggetto con un corpo contundente e con un colpo inferto da terzi. Se l’uomo fu autolesionista o fu colpito, i medici non sanno proprio dirlo e affermano inoltre di non avere documentazione riguardo alla presenza dell’uomo in caserma tra le 3 di notte (ora del fermo) e le 5 e 48 (ora dell’arrivo in pronto soccorso) di quella notte.
La contenzione fisica fu violenta? La perizia afferma che non vi sono tracce che facciano pensare che l’uomo sia stato legati ai polsi, e aggiunge che non sono stati rilevati «tipici segni di afferramento o di immobilizzazione violenta, quali ecchimosi digitali a livello di collo, polsi e avambracci».

La violenza sessuale: un equivoco
La perizia chiarisce anche la presenza del sangue sul cavallo dei jeans, un sanguinamento copioso secondo quanto affermato la scorsa udienza dal perito Adriano Tagliabraci, ma che i periti del tribunale ritengono invece effetto delle emorroidi di cui soffriva la vittima. La relazione dice che il sanguinamento poteva essere causato anche da un trauma di modestissima entità, persino la defecazione, e che in queste patologie può arrivare fino a un litro.

Come si è arrivati alla perizia
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Marzo 2012
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