Schiave per sesso e per lavoro
Il convegno della cooperativa Lotta all'emarginazione ha fatto il punto sulla realtà nella nostra provincia e sui progetti per dare una risposta al tema dello sfruttamento
Il fenomeno della tratta e dello sfruttamento sessuale nella nostra provincia ha “numeri limitati”, ma è una di quelle realtà che fa accapponare la pelle. Ragazze, a volte anche minorenni, che arrivano in Italia con il miraggio del benessere e convinte di esser di aiuto a intere comunità di origine e che invece si ritrovano in completa schiavitù. La cooperativa Lotta contro l’emarginazione, in collaborazione con la Prefettura e la Provincia ha organizzato un convegno pubblico su questo drammatico tema e sullo sfruttamento lavorativo delle persone migranti.
“La Lombardia – ha spiegato Tiziana Bianchini referente sul tema della prostituzione per C.N.C.A. – è la regione più virtuosa e attenta. Finanzia diversi progetti di accoglienza e inclusione sociale e di fatto con 350 casi su 800 è il sistema che segue il maggiore numero di donne in Italia”.
Il sostituto Procuratore Sabrina Ditaranto ha poi tracciato il quadro normativo che distingue il caso di migranti sottoposti a sfruttamento.
“La prostituzione su strada è ormai residuale, anche se ci sono segnali che preoccupano. – Roberta Bettoni, coordinatrice dell’unità di lavoro della cooperativa Lotta contro l’emarginazione – La nostra provincia ha ancora tre aree in cui c’è una presenza di prostituzione di ragazze nigeriane. Ormai però la maggiore diffusione è il lavoro indoor tra le abitazioni, i night club e alcuni centri massaggi. Stiamo monitorando con attenzione il fenomeno che è costantemente in crescita”.
Paolo Catenaro, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura, Massimiliano Abbiati della squadra mobile e Loris Baldassarre, comandante dei Carabinieri hanno portato la loro esperienza a riguardo del tema. “Lo sfruttamento delle ragazze in strada è esercitato quasi sempre da connazionali ed è un fenomeno molto parcellizzato e questo rende difficile azioni a largo raggio. Anche noi – ha detto Abbiati – monitoriamo la stampa per cercare i luoghi dove avviene la prostituzione, ma spesso è tutto in regola e a quel punto l’unica cosa che possiamo fare per disincentivare l’attività è segnalare la cosa ai proprietari degli immobili”.
Quello che sconvolge è che un terzo delle ragazze sono minorenni. Il tenente colonnello Baldassarre parla anche lui di un boom di presenze nelle case e non più in strada.
La seconda parte del convegno è stata dedicata allo sfruttamento lavorativo, dove i dati numerici sono ancora più inquietanti. “Nel 2011, in Italia – ha proseguito Baldassarre – abbiamo avuto accertamenti per 337mila lavoratori immigrati in nero e il 12,2% sono anche clandestini. La nostra provincia fa la sua parte perché su 247 controlli abbiamo registrato 360 violazioni di norme di cui 120 di carattere penale. Sono tantissimi i casi di vere e proprie prigioni dove le persone oltre a lavorare sono costrette a vivere”.
Paolo Cassani, della cooperativa, ha spiegato come non vada confuso il lavoro nero con rapporti spesso di vera schiavitù. In questo caso si ha violenza, limitazioni alla libertà, minacce, un forte debito contratto per venire in Italia, indisponibilità dei documenti perché sequestrati dal datore di lavoro. “In questi anni abbiamo fatto emergere 140 casi di vero sfruttamento. Un’emersione per il 71% grazie all’opera delle forze dell’ordine. Il nostro territorio si distingue per il fatto che abbiamo il primo protocollo operativo in Italia”.
Di questo stesso argomento hanno poi parlato Domenico Oliveto della Guardia di Finanza, Marco Bellumore della direzione territoriale del lavoro, Franco Stasi, segretario generale della Cgil e Sergio Moia della segreteria della Cisl.
“Non siamo in un’isola felice – ha detto Stasi – e in periodo di crisi la situazione peggiora nettamente. Non si pensi che i casi più tristi siano solo del piccolo laboratorio, perché abbiamo scoperto situazioni incredibili anche in aziende insospettabili”.
Per Moia una certa responsabilità è nella legge che di fatto “non risponde ai flussi reali. Occorre parlare di più di questi fenomeni perché i cittadini non ci credono quando sentono che alcuni fatti come lo sfruttamento siano così presenti anche nella nostra terra”.
Il convegno è stato poi chiuso da Roberta Montagnini, esponente della cooperativa, che ha presentato i programmi di assistenza e protezione sociale.
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