Gavettoni alla candeggina, condannato il figlio di Umberto Bossi
I fatti a Laveno Mombello nel marzo 2010. Il giudice di pace di Gavirate ha dato torto al figlio 21enne del senatùr, che dovrà pagare 1400 euro per lesioni
Gavettoni alla candeggina, condannato il figlio di Umberto Bossi. Il giudice di pace di Gavirate ha condannato al risarcimento dei danni morali e dei danni biologici (oltre al pagamento delle spese processuali) Roberto Libertà, il figlio 21enne del senatùr (a sinistra nella foto col padre e il fratello Renzo, di due anni più grande). In tutto il giovane dovrà pagare 1400 euro ad un militante di Rifondazione Comunista, Luigi Schiesaro, di quasi trent’anni più vecchio di lui (è del 1963). I fatti risalgono al marzo 2010, alla vigilia delle elezioni amministrative: a Laveno Mombello, in via Garibaldi, il rifondarolo con altri militanti, stava attaccando alcuni manifesti negli spazi elettorali, come di consueto tappezzati da cartelloni leghisti. Ad un certo punto da un’auto, una Fiat Ulisse, che transitava a gran velocità, sono volati prima insulti e poi alcuni gavettoni carichi di candeggina che hanno colpito il 47enne, provocandogli irritazioni al volto. Il giovane Bossi, all’epoca 19enne, ed un altro collega di Besozzo sono stati ritenuti responsabili non tanto delle ingiurie, quanto delle lesioni. Per ricostruire la vicenda c’è voluto un anno e passa: gli avvocati di Schiesaro, Massimiliano D’Alessio e Martina Bianchi, hanno portato le carte davanti al giudice di pace, incrociando la denuncia del militante di Rifondazione con quella fatta dallo stesso Bossi junior, che dopo l’episodio aveva a sua volta chiamato le forze dell’ordine gridando all’attentato e dicendo di essere stato colpito con il lancio dell’asta di una bandiera: Schiesaro e gli altri suoi compagni a in seguito alla segnalazione del figlio di Bossi, sono stati trattenuti in caserma dai carabinieri per tutta la notte. Il giudice di pace ha ascoltato le numerose testimonianze prodotte da accusa e difesa e ha dato torto al figlio del leader del Carroccio, reo di aver provocato danni morali e biologici all’avversario politico, quantificati in 1400 euro (700 più 700). Non una grossa cifra, ma una vittoria significativa «per un semplice militante che non è voluto sottostare ai soprusi del figlio di un potente. Un gesto di arroganza vile è stato punito come meritava, giustizia è fatta», commentano con soddisfazione i legali Massimiliano D’Alessio e Martina Bianchi.
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