Marco Mengoni: “Io che odio la musica”
Confessa di avere una "dipendenza" per la musica il cantante che dopo X-Factor ha conquistato tutta Italia. Venerdì 11 maggio sarà in concerto al Teatro Apollonio con il suo nuovo tour teatrale
«Ho preso l’influenza ma adesso ripartiamo». Una voce che ha conquistato il pubblico di X-Factor e poi quello del festival di Sanremo. Un tour con date da “tutto esaurito” e un look che “spacca” lo schermo. Marco Mengono arriva a Varese, venerdì 11 maggio, con il suo nuovo tour teatrale. Al telefono, nonostante il raffreddore, la sua voce è molto riconoscibile e ha l’accento della sua terra.
«Questo spettacolo è diverso dai precedenti, è meno rock e torna al blues e alla Motown, generi dal quale sono partito. È diviso in due parti, la prima è più intima mentre nella seconda si balla e il pubblico può scatenarsi».
Come è nato questo tour?
«È nato parlando con Elisa. Ci siamo conosciuti appena finito X-Factor, poi per diversi motivi ci siamo persi e quando ci siamo trovati a casa sua, a cena, sono bastate poche parole perché mi si aprisse un mondo. Andrea (Rigonat) il suo compagno, mi ha aiutato molto a costruire questo spettacolo»
Cosa ti ha lasciato X-Factor?
«Lascia sempre un po’ di amaro in bocca. È stata una bella esperienza, mi ha insegnato tanto ma dall’altra parte rimani chiuso per tre mesi e ne esci come un prodotto. Dopo, ti devi conquistare il resto, essere un cantante».
«Ha detto cose brutte su di me e il rapporto si è chiuso lì. Gli auguro una buona vita ma per me non esiste rapporto».
«Il titolo non è casuale. Sento già l’ansia per la fine di questo tour perché ogni volta di lascia molta solitudine. Quando torni a casa ti devi riadattare a vivere la tua vita dopo mesi immersi in grandi contatti umani e momenti dove l’adrenalina è molto alta . Secondo me esiste la depressione post-tour. Il disco nasce proprio da questa solitudine ma anche da altre».
«Ci tengo moltissimo e scelgo io come vestirmi. Credo che l’immagine rappresenti anche il tuo stato d’animo. Anche chi non è interessato a vestirsi bene, in qualche modo, il mattino davanti allo specchio sceglie cosa mettersi in base al suo sentire di quel momento. Per me l’estetica è molto importante».
«Sono delle “manette”, io la odio. La odio perché non ti permette di scegliere, per me è una dipendenza e io odio tutte le dipendenze. Quando c’è la musica io la devo seguire, non posso fare altro. Le altre arti invece, mi permettono di scegliere…».
«Sì, a volte, mi permette di esprimermi ma non credo di vedere un futuro in questo settore…non so, mai dire mai…».
«Radicalmente ma credo che sia normale. Credo che la vita di tutte le persone cambi prima o poi. Certo, il mio mestiere mi permette di avare più limiti o più libertà».
«Niente, non spero niente solo che questa crisi finisca».
La sentite anche nel vostro settore?
«Credo che ne risentiamo tutti, noi artisti viviamo per la gente e se queste hanno un disagio lo sentiamo anche noi. Il 50% del nostro mestiere è sul palco, l’altro è il pubblico. Se non c’è ti manca qualcosa».
Dove vivi?
«Prima vivevo a Roma, adesso sono tornato a vivere con i miei. Non è facile dopo otto anni ma è mi sono creato il mio spazio».
«Mio nonno è stata la figura che mi ha forgiato di più e poi, tutte le persone che mi hanno fatto male perché mi hanno insegnato un sacco di cose».
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