Bruna Brambilla voleva cambiare il mondo

Piazza De Salvo ha salutato la presidente di Universauser. Un commiato dove l'intimità famigliare si è trasformata in un momento di dolore pubblico. I funerali si terranno mercoledì 20 giugno alle 11 a Venegono Superiore

Il nipotino Leon ha portato un disegno al nonno Mario. Su quel disegno c’era il mondo. «Qui c’è anche la nonna Bruna». Solo i bambini sono capaci di rendere così bene il senso di appartenenza alle persone, soprattutto quando non ci sono più e sfuggono al regno delle cose sensibili. E il mondo si è radunato per salutare Bruna Brambilla, nel luogo che le era più caro: la Piramide di piazza De Salvo, il cuore delle Bustecche di Varese.
Il sudore si fonde alle lacrime, la nostalgia del passato cerca conforto nel presente. È un commiato carico di energia positiva, la stessa che Bruna metteva in ogni cosa che faceva, a partire dall’Universauser una fucina di corsi, proposte, impegno politico e civile. «La nostra famiglia – dice il marito Mario Agostinelli – è stata resa bella da questo rapporto con l’esterno. E noi siamo venuti qui perché questo è un luogo per abbracciarla, perché qui c’è conforto e c’è vita tra noi e Bruna».
Una donna che «apparteneva a quelli che vogliono cambiare il mondo» ha detto Rocco Cordì che con lei aveva condiviso mille battaglie per l’emancipazione del quartiere. E Bruna Brambilla in qualche modo il mondo lo ha cambiato, lasciando un testimone carico di esempio e di impegno speso in prima persona. Dopo la laurea aveva scelto di insegnare dove imparano "gli ultimi", le 150 ore, poi aveva fatto il sindaco di Venegono Superiore e infine si era dedicata al sindacato, all’Auser e alla “sua” Universauser. «Era riservata, determinata, limpida – continua Agostinelli – Era molto donna . Il suo era un calvinismo temperato dalla gentilezza. Non riesco a misurarmi con questo vuoto perché una moglie la si sceglie tutti i giorni e oggi io non la posso scegliere più».
A salutarla c’è il sindacato, soprattutto lo Spi- Cgil, e tutto l’associazionismo varesino: dalle Acli all’Anolf passando per l’Anpi, Legambiente, Ciclocittà, Libera e il Movimento consumatori. E ancora: l’Istituto storico varesino "Luigi Ambrosoli", i vertici di Auser e il direttivo di Universauser, la scuola media Anna FrankArci, Agenda 21Filmstudio, Uisp, cooperativa Nuova Urbanistica e Coop. Gli amici di sempre e i vicini di casa, i politici e gli abitanti del quartiere. La sensazione netta è che un’intera comunità di persone sia rimasta orfana di questa madre.
La commozione sale quando prende la parola la figlia Lucia. L’intimità dei ricordi famigliari non crea imbarazzo, anzi, si fonde con naturalezza in un momento di dolore pubblico. «L’ho incontrata in cucina – dice Lucia – e ho appoggiato la mia testa sulle sue gambe: ero nell’unico posto dove volevo essere. Questo presente forte, energico, mi ha dato una nuova relazione con la speranza attraverso un percorso duro. Cerchiamo Bruna con un pizzico di silenzio e ognuno faccia battere il suo cuore».
Bruna non ha mai smesso di progettare. In un letto di ospedale, in attesa dell’operazione al cuore, telefonava agli amici dell’Universauser perché «c’era molto da fare». Lei che aveva superato tutte le distinzioni della sinistra, che non credeva alle ricette facili ma che «amava ascoltare e trovare soluzioni facendo un passo alla volta».
«C’è l’orgoglio di essere stati militanti del Pci, un aspetto che ci ha reso sereni, in una dimensione civile, pacata» dice ancora Mario. 
In prima fila in c’è il figlio Guido, la nuora, il genero e i quattro nipoti: Leon, Clara, Totò e Zeno. Un quinto è in arrivo. Nonno Mario li alza uno a uno a testimonianza di un impegno pubblico che è andato di pari passo con quello famigliare. E lì c’è il mondo che piange con loro.

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Pubblicato il 19 Giugno 2012
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