Per brevetti, marchi e innovazione i soldi ci sono
Presentati alle Ville Ponti dalla Camera di Commercio i principali strumenti per finanziare nuove idee imprenditoriali. Il Fondo nazionale per l’innovazione (Fni) prevede due linee di finanziamento per un totale di 75 milioni di euro che con la leva finanziaria diventano 379 milioni
Per molti imprenditori, soprattutto se piccoli e creativi, in tempi di crisi e di credit crunch brevettare, innovare e difendere il proprio marchio diventa un costo difficilmente sostenibile. La Camera di Commercio di Varese a questo tema ha dedicato una giornata alle Ville Ponti dove sono stati presentati i principali strumenti di finanziamento per questo tipo di attività.
A soccorrere i più creativi c’è il Fondo nazionale per l’innovazione (Fni) messo a disposizione dal ministero dello Sviluppo economico. Si tratta di due linee di finanziamento, una dedicata al capitale di debito e l’altra dedicata al capitale di rischio, per un totale di 75 milioni di euro che con la leva finanziaria diventano 379 milioni.
Con la prima linea il ministero, attraverso l’intero portafoglio degli “aiuti” alle pmi, riduce il rischio delle banche che saranno così ben disposte a concedere finanziamenti agevolati alle imprese. Con la seconda misura, dedicata esclusivamente ai brevetti, il ministero partecipa con 20 milioni di euro, insieme a risorse private, a un fondo mobiliare chiuso (IFIgest), gestito da InnoGest Sgr, che acquisisce le partecipazioni in pmi innovative. Entro la fine dell’anno è prevista la chiusura delle partecipazioni al fondo.
I finanziamenti potranno essere concessi fino a un importo massimo di 3 milioni di euro, con durata 10 anni senza che l’impresa debba fornire alla banca alcuna garanzia personale o reale.
A decidere a chi dare i soldi, sulla base di griglie precostituite che aiutano a valutare più velocemente le idee imprenditoriali, saranno le banche che hanno progettato e cofinanziato queste misure. Si tratta del Mediocredito Italiano, Intesa SanPaolo e Unicredit, per quanto riguarda la prima linea di finanziamento, a cui si aggiunge la Deutsche Bank per la seconda.
«Le griglie – spiega Emiliano Puddu, della Liuc di Castellanza – sono basate su un punteggio e divise in 5 moduli indipendenti tra loro per valutare in maniera puntuale i vari aspetti dell’idea imprenditoriale che deve essere fondamentale per la produzione». L’azienda deve perciò viaggiare su due piani paralleli: da una parte puntare alla produzione, dall’altra mirare allo sviluppo della propria idea. «Quando queste due cose avvengono in maniera concreta ed efficace – conclude Puddu – allora si ottiene il finanziamento del Fondo innovazione».
Non è importante, dunque, l’idea in sé stessa, quanto quello che ne puo’ scaturire dalla sua implementazione e i brevetti molto spesso racchiudono più idee, non tutte però traducibili in produzione industriale. Invitalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, con “Brevetti+” mette a disposizione delle pmi una dotazione finanziaria di 30,5 milioni di euro per finanziamenti a fondo perduto per coprire costi sostenuti per la brevettazione fino a 70 mila euro. «Cerchiamo di incrementare e finanziare le domande di brevetto nazionale e internazionale – spiega Gianluca Fiorillo – facendo uscire i brevetti nascosti nei cassetti con un supportando le imprese, ad esempio, con il finanziamento degli studi specialistici necessari a valorizzare i brevetti in loro possesso. Le idee ci sono e a noi italiani non manca lo spirito di iniziativa. Ciò che manca è piuttosto l’organizzazione di un sistema attorno all’idea».
Secondo gli esperti, i più creativi sono gli imprenditori del nord Italia, in particolare quelli di Veneto ed Emilia Romagna. Mentre il sud ha delle nicchie interessanti nei distretti di Messina, Napoli e Bari. Brevettare però puo’ non bastare per reggere la competitività e allora occorre avere anche una strategia difesa, come la tutela dei marchi, altro aspetto sul quale il ministero ha predisposto nel maggio scorso un bando per il deposito a livello comunitario e internazionale. «E’ stato messo a disposizione un fondo di 4,5 milioni di euro – precisa Maria Teresa Saguatti dello Studio Torta – per finanziare sia il deposito del marchio che le spese propedeutiche come la creazione, la verifica che non ce ne siano di simili e anche l’attività di concessione in licenza. Il marchio comunitario ha valore nei 27 paesi dell’Unione Europea, puo’ essere fatto con un deposito unico e il costo, che dipende dalle tasse dei singoli stati, varia a seconda del numero dei paesi in cui si chiede la registrazione ».
I costi di deposito del marchio vengono finanziati fino all’80% delle tasse se non ricomprende la Russia e la Cina, altrimenti il finanziamento arriva fino al 90% .
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