“Cosa accadde a Uva in caserma? E’ ancora un mistero”

Le motivazioni della sentenza che assolve il medico. Bisogna indagare su quelle fasi concitate del fermo, le dosi di farmaci invece erano corrette

I medici dell’ospedale si comportarono bene, ma non è chiaro ciò che accadde quella notte nella caserma dei carabinieri di Varese. Il giudice Orazio Muscato ha depositato le motivazioni della sentenza con cui assolve con formula piena (perché il fatto non sussiste) lo psichiatra Carlo Fraticelli, dall’accusa di aver somministrato dosi sbagliate di farmaci calmanti a Giuseppe Uva.
Il tribunale appare determinato nel chiedere nuove indagini: «Va rimarcato con chiarezza – osserva nelle 60 pagine di motivazioni – come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe (innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana) conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all’ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva Giuseppe – nei cui confronti non risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per contravvenzione di cui all’articolo 659 c. pc. (disturbo dell’occupazione e del riposo delle persone, ndr) – è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all’interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) e al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio».
Il giudice Muscato si sofferma poi sul fascicolo bis dell’inchiesta Uva, quello che riguarderebbe proprio le forze dell’ordine; e spiega che non è suo ruolo «disquisire sulla legittimità e sulle modalità di apertura e di tenuta del fascicolo numero 5509/09», ma ricorda che tale procedimento è aperto da alcuni anni. L’indagine è coperta da segreto istruttorio, tuttavia il giudice osserva che sarebbe opportuno rispettare il principio di parità tra le parti nel conoscere gli atti (pm e parti civili sono ai ferri corti su questo e altri temi).
Lo stesso giudice è poi molto critico nei confronti del medico legale Marco Motta, e riferendosi all’autopsia osserva che «la consulenza presentava aspetti di obiettiva superficialità, tali da imporre ogni possibile approfondimento». Per questo è stata ordinata la superperizia che ha aiutato il giudice a capire le cause della morte, con la successiva sentenza di assoluzione del medici. Altri due medici attendono adesso il processo, ma nella sentenza il giudice Muscato osserva che le dosi somministrate furono sempre corrette, sia in pronto soccorso che in psichiatria.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Giugno 2012
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