Un parrucchiere in mutande guida la rivolta dei tartassati

É iniziata dal parrucchiere di Bizzozero Massimo Crippa la protesta che vede lui e molti negozianti del quartiere lavorare in mutande. "É tutto quello che ci rimane dopo aver pagato le tasse"

Una protesta in mutande. Oltre a quelle, per lavorare, solo le scarpe e un cartello appeso al collo. Sta facendo il giro di tutta Italia, la storia del parrucchiere di Bizzozero che ha iniziato a lavorare in mutande. Il tutto per mandare un messaggio chiaro: «Sono tutto quello che mi è rimasto dopo aver pagato le tasse». Massimo Crippa ha iniziato la sua battaglia un mese fa mettendo un cartello davanti al suo negozio di bellezza, il J&P di via Carletto Ferrari 60, con scritto: “Ora basta! Non voglio più vergognarmi di essere italiano. Politici ladri a casa!”. 
Da lì ha continuato a portare avanti il suo messaggio: «È 20 anni che sono un lavoratore autonomo e adesso non ce la faccio più. Le tasse ci stanno “ammazzando”. Con questa protesta vogliamo far arrivare la voce dei “piani bassi”, ai “piani alti”. Vogliamo mandare questo urlo di dolore della gente che non arriva a fine mese. Pensionati, dipendenti e autonomi. Non ce la facciamo più, l’Italia è in ginocchio e credo che solo come popolo possiamo darci una mano».

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Un messaggio chiaro che Massimo ha ripetuto anche alle telecamere dei giornali e televisioni (tra cui quella della trasmissione di Barbara D’Urso che oggi lo vedrà come ospite) che questa mattina, sono stati al suo negozio per ascoltarlo (c’è anche la pagina Facebook). Accanto a lui tanti cittadini, che hanno deciso di aderire alla protesta. Disoccupati, cassa integrati, dipendenti, lavoratori autonomi che spiegano quando oggi sia difficile oggi arrivare alla fine del mese. «Sono un artigiano di Bergamo e credo che la pressione fiscale sia diventata insostenibile. I lavoratori autonomi hanno spese enormi e poche garanzie». «Sono mamma di tre figli, ho uno stipendio basso. Mio marito prende 1000 euro al mese e non ce la facciamo» spiega invece una giovane ragazza varesina. Fa sentir la sua voce anche un’autista varesino in cassa integrazione da mesi, un operaio dipendente, un giovane ragazzo che lavora a chiamata. Un quadro, quello che si è presentato questa mattina che racconta la situazione di molti italiani. Ma non è tutto. Perché ad appoggiare la protesta di Massimo Crippa – e a mettersi in mutande – ci hanno pensato anche altri negozianti del quartiere.

A pochi metri infatti, la signora Guglielmi Rosa del negozio Carpe Diem spiega: «Troppe tasse, non arriviamo a fine mese. La gente non compra e nel mio settore, quello dell’abbigliamento, la crisi è forte».
Protesta anche dalla lavanderia che si trova poche centinaia di metri più in là dove incontriamo la neo-proprietaria che annuncia la chiusura della sua attività entro dicembre: «Ho rilevato in gestione questo negozio da pochi mesi ma sono costretta a chiudere». Accanto a lei, una cameriera di sala in reggiseno e mutande che spiega: «Non trovo lavoro. Lavoro a chiamata tramite agenzia e guadagno 350 euro al mese, cosa ci faccio?». Convinto della protesta anche Graziano Balinari che ci accoglie nel circolo di Bizzozero – che gestisce da sette anni – con le mutante tricolori addosso e in toni “colorati” spiega: «Tolte le mutande a un uomo, gli togli tutto. Un paese senza mutande è come una donna senza tette. Ecco l’Italia è conciata così. Abbiamo bisogno di sicurezza, precari, pensionati e piccoli commercianti sono i più penalizzati, continuano a fare tagli»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 28 Novembre 2012
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