Scalate bancarie. Chi paga? I clienti
di Ludovico Reverberi, Segretario generale Fisac CGIL di Varese
Egregio Direttore
mi permetta di riprendere, un argomento che occupa le prime pagine di tutti i quotidiani, ma che per molte persone può essere di difficile comprensione o noioso.
Faccio riferimento ai tentativi d’acquisizione, da parte di gruppi diversi, di due importanti aziende di credito: la Banca Antonveneta e la Banca Nazionale del Lavoro.
Sono argomenti un po’ ostici, ma coi quali bisogna imparare a confrontarsi, altrimenti si rischia poi di veder svanire i propri risparmi nei buchi neri quali Cirio o Parmalat.
Le due vicende sono, sotto molti aspetti, completamente simili:
· un gruppo straniero fa un’offerta chiara per acquisire una banca italiana;
· il governatore della Banca d’Italia, invece di ricoprire il proprio ruolo di arbitro, diventa promotore nella costituzione di cordate italiane in grado di contrastare l’offerta straniera;
· le iniziative "italiane" non sono del tutto trasparenti e quindi interviene la magistratura che indaga su eventuali illeciti;
· il finale, per piccoli azionisti, clientela e lavoratori, è incerto.
La FISAC, che nell’ambito della CGIL rappresenta i lavoratori del credito, è convinta che, nel giudicare queste vicende, si debba tenere presente un principio molto semplice: le regole vanno rispettate.
La Banca d’Italia non può avere due pesi e due misure ed essere solerte nelle autorizzazioni con gli uni (Banca Popolare Italiana), e in perenne ritardo con gli altri (ABN AMRO).
Quale credibilità può avere il governatore della Banca d’Italia che, di fronte al giudizio negativo espresso, sull’offerta della Banca Popolare Italiana, dalla propria struttura tecnica, si rivolge a consulenti esterni per ribaltare il giudizio?
Il governatore della Banca d’Italia, Fazio, non può spudoratamente parteggiare per un contendente solo perché questi è italiano, altri sono i suoi compiti.
La stabilità del sistema creditizio, per tutelare i piccoli azionisti, la clientela ed i lavoratori, non è garantita se ci s’indebita fino al collo, come dovrebbero fare la Banca Popolare Italiana e l’Unipol, per poter scalare imprese che capitalizzano il triplo e la cui organizzazione trascende di gran lunga quella degli acquirenti.
Decenza vorrebbe che chi ha agito in questo modo, pensando di tutelare l’italianità delle banche, per il bene dell’istituzione Banca d’Italia, lasciasse il posto ad altri.
L’Italia di tutto ha bisogno tranne che di queste disgraziate avventure che ci precipitano nel discredito internazionale.
In questo ambito è molto strano sentire i ministri della Lega dipingere, Fiorani, l’amministratore delegato della Banca Popolare Italiana come “il costruttore di un polo bancario al di fuori dei circuiti tradizionali”. Certamente Fiorani ha quantomeno utilizzato metodi dubbi nel tentativo di scalata alla Banca Antonveneta; sicuramente gli devono essere riconoscenti per aver salvato la banca della Lega, CREDIEURONORD, dal fallimento; un po’ meno riconoscenti sono i circa 3000 sostenitori della Lega che, ad oggi, hanno perso più dell’ottanta per cento del loro investimento in CREDIEURONORD. A tale proposito consiglio la lettura delle loro proteste sul sito:
http://labancadellalega.web-gratis.net/articoli.htm.
Per non parlare del Governo che, dopo gli scandali Cirio e Parmalat, aveva promesso una rapida approvazione della nuova legge sul credito, per difendere il risparmio più debole, quello dei lavoratori e dei pensionati, e che, a distanza di quasi due anni, non è ancora stata varata.
Altrettanto triste è vedere l’Unipol, che fa riferimento al mondo delle cooperative rosse e ai partiti della sinistra e che dovrebbe avere una visione più etica del fare impresa, effettuare alleanze e cordate, nel tentativo di scalare la Banca Nazionale del Lavoro, con speculatori le cui fortune non sono del tutto chiare.
Pertanto, come sindacato e come lavoratori, siamo preoccupati perché in questa baraonda di offerte, contro offerte, OPA, OPS, denunce al TAR, sequestro di azioni e interdizioni nessuno parla delle vere questioni: quali sono i piani imprenditoriali, quali le strategie industriali, quale il contributo verso l’economia del nostro Paese, quali gli impegni per difendere l’occupazione e valorizzare le professionalità dei lavoratori?
E nel caso in cui, la Banca Popolare Italiana e l’Unipol, uscissero vincitori dalle rispettive battaglie su quali spalle ricadranno i dolorosi oneri derivanti da un indebitamento impressionante?
Non vorremmo che a pagare l’«italianità» delle nostre Banche fossero sempre e solo i soliti noti: la clientela ed i lavoratori, di conseguenza faremo di tutto per evitarlo.
Con profonda stima
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