Non c’è volontariato senza felicità

Dibattito all'interno di "Anche io": "Ma chi me lo fa fare? Felice di essere utile"

La felicità passa anche attraverso la felicità degli altri: continuano gli incontri sul tema della felicità all’interno della festa Anche io, e questa volta il tema del dibattito "Ma chi me lo fa fare? Felice di essere utile" è stato il legame fra volontariato e felicità. Per cercare di dare una risposta alla domanda tutt’ altro che scontata si sono confrontati Dario Cecchin, Coordinatore di Cesvov (Centro servizi per il volontariato varesino), Luca Bertoni,coordinatore della cooperativa equo solidale "Lo stesso cielo", Sergio Veneziani, presidente regionale di Auser e Filippo Bianchetti, coordinatore del Comitato per i Dirirtti della Palestina.

"La felicità – ha esordito Cecchin, che si occupa principalmente della formazione dei volontari – è essenziale nel lavoro dei volontari, anche se spesso la quotidianità ci mette di fronte a situzioni tutt’altro che felici. Esistono molti stereotipi su questo mondo, fra cui quello che un settore di inserimento vale l’altro e che i volontari siano legati a ambienti e ideali ben precisi. Negli ultimi anni abbiamo potuto osservare che il mondo del volontariato e del volontario stanno cambiando ed è necessario dare una risposta efficacie a queste evoluzioni". Comune a tutti e quattro i relatori è stato il giudizio sull’ identikit del volontario: una persona con del tempo a disposizione – non bisogna infatti dimenticare che spesso i volontari sono pensionati -, desiderosa di rendersi utile verso gli altri e verso se stesso. "Una frase di Salavatore Natoli – spiega Veneziani – definisce la felicità come la sensazione di un’espansione che ci mette in un rapporto di relazione e accoglienza con l’altra persona. Parlando con i nostri volontari abbiamo potuto osservare che all’inizio i volontari hanno soprattutto il desiderio di una gratificazione personale, in un secondo momento diventa importante la possibilità di relazionarsi agli altri e solo successivamente la vera esigenza diventa quella di far stare bene gli altri". Non si definisce invece un vero e proprio volontario Bianchetti, che pone l’accento  "sul bisogno di obbedire alle proprie convinzioni e al senso di giustizia che sento. E’ difficile dare una risposta al quesito posto nel titolo del dibattito, ma credo che in ognuno di noi ci siano due forze contrapposte che prevalgono alternativamente, l’altruismo e l’egoismo. Quando prevale la prima nascono esperienze come la nostra, che sembra interessarsi di un tema lontano al nostro mondo, ma che in realtà è più vicino di quanto sembri". Qual è quindi la molla che spinge a entrare nel mondo del volontariato?. "Dopo varie esperienze di volontariato – spiega Bertoni – sono "passato dall’altra parte" perchè ormai non era più possibile gestire questa attività solo con volontari. Questo non toglie che una dose di volontariato ci vuole sempre e proprio in questa ottica è partito l’anno scoso un progetto per il servizio civile presso le botteghe equo solidali. Cogliendo l’occasione dei corsi di formazione ai volontari, abbiamo iniziato a porci delle domande e stiamo cercando di imparare insieme a loro se c’è felicità e pienezza in quello che facciamo. Personalmente credo che per noi la carica arrivi dall’ unico incontro annuale che abbiamo con i produttori del sud del mondo: per i notri circa 50 volontari credo che sarebbe sufficiente un confronto con loro per motivarli per i restanti dodici mesi di lavoro".

E la teoria si è tramutata in pratica quando ha preso la parola Giuseppe Volonterio, della Pamo Onlus. "Per anni ho lavorato come manager aspettando che mi si presentasse un’occasione. Finalmente è arrivata e il cambiamento è stato a dir poco drastico. Ma dal cambio ho sicuramente guadagnato: ho finalmente potuto "spogliarmi" delle cose con grandi nomi, ma di fatto inutili, dedicarmi agli altri e vivere una sensazione di libertà impagabile".

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Pubblicato il 03 Settembre 2005
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