Omicidio di Lidia Macchi, la famiglia chiede nuove indagini

I fratelli hanno presentato una richiesta di avocazione del fascicolo alla procura generale di Milano. Dopo 26 anni il giallo è ancora aperto e non è stata mai trovata alcuna verità

Chi ha ucciso Lidia Macchi? La domanda è ancora aperta, dal 7 gennaio del 1987, quando la ragazza di 19 anni di Varese fu trovata cadavere a Cittiglio, in una zona boschiva. Il giallo per eccellenza, con un carico di domande e dolore che per anni ha tormentato la città, potrebbe avere una nuova coda. La famiglia della vittima ha scritto alla procura generale di Milano, chiedendo un’avocazione dell’indagine, formalmente mai chiusa. E cioè, in sostanza, il passaggio dell’inchiesta ai magistrati di grado di giudizio superiore, la procura generale di Milano. La notizia è stata comunicata, questa mattina, da La Prealpina, il quotidiano che segue il caso dal 1987, con una serie di servizi firmati dai colleghi Luca Testoni, Paolo Grosso e Gianni Spartà. La giovane ragazza di Comunione e Liberazione, com’è noto, fu ritrovata al termine di una serie di ricerche disperate messe in atto dagli amici dopo l’annuncio della scomparsa. Era andata a trovare un’amica all’ospedale di Cittiglio, ma non tornò più a casa. La richiesta arriva dai familiari di Lidia, in particolare è stata firmata dai fratelli Alberto e Stefania Macchi, e dalla madre di Paolo, mentre il padre di Lidia, dice il fratello, all’epoca neonato, sarebbe d’accordo ma non può firmare in quanto malato. Nell’intervista al quotidiano cartaceo, Alberto Macchi afferma di essersi deciso dopo la trasmissione televisiva Quarto grado, in cui era comparsa la figlia di Giuseppe Piccolomo, Cinzia, riferendo che il padre si sarebbe vantato, in passato, con loro, del delitto Macchi. Piccolomo, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari a Cocquio Trevisago, intervistato dalla stessa trasmissione, ha smentito del tutto la circostanza. I parenti della vittima hanno in un certo senso colto l’occasione ma non credono alla colpevolezza di Piccolomo, un colpo di scena un po’ troppo televisivo e pirotecnico per essere giudicato credibile. Ma sempre secondo quanto scrive La Prealpina, da tempo meditavano di chiedere alla magistratura un pronunciamento finale sulla vicenda, pur evitando di criticare la procura di Varese, alla quale riconoscono impegno e dedizione al caso. L’avocazione in realtà non sarebbe una novità in questa storia, ma già negli anni ottanta finì nel nulla e il fascicolo tornò a Varese. Sarà il procuratore generale presso la corte d’appello a decidere che fare. Va detto che all’epoca i test del dna erano solo agli inizi e gli accertamenti che vennero fatti con i sospettati di allora non diedero mai certezze. Inoltre, l’inchiesta puntò verso gli ambienti ecclesiastici, e gli interrogatori ad alcuni sacerdoti provocarono una levata di scudi dell’allora Dc e un’interpellanza parlamentare di 4 deputati.  Nel 2007 si parlò di una riapertura di casi irrisolti da parte della procura di Varese.

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 12 Novembre 2013
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.