Elena Brusa Pasquè, ovvero l’utopia del suono perfetto

Intervista con l'architetto che ha progettato la conchiglia acustica del teatro Fraschini di Pavia

Per molti addetti ai lavori l’aula del Senato, rivestito interamente in legno, è perfettamente compatibile al suono orchestrale più di quanto lo siano altri spazi deputati all’attività concertistica. In Italia, tra le voci dell’immenso patrimonio artistico, vi è quella, considerevole, dei teatri; teatri cosiddetti di tradizione, la cui caratteristica è quella di essere nati per il melodramma, più affine al dna nazionale, piuttosto che per la musica da camera o sinfonica, appannaggio di tradizioni nord europee. Spazi splendidi, naturalmente, a firma dei migliori architetti del passato. Con il piccolo «peccato» originario:  rispondere meglio al vibratino vocale che alla tavolozza timbrica degli strumenti. Cattiva acustica significa mancanza di colore ed espressione dinamica del suono: è come parlare controvento, tutto si disperde. Ecco perché il progetto di conchiglia acustica presentato dalla studio Brusa Pasquè e realizzato per il teatro Fraschini di Pavia assume un’importanza del tutto significativa nell’ottica di una politica di sensibilizzazione culturale. 


La cosiddetta «conchiglia acustica itinerante» già presentata a Varese nel giugno scorso, ha debuttato ufficialmente qualche settimana fa, con l’inaugurazione dello storico teatro pavese, alla presenza dell”orchestra Verdi di Milano, diretta dal maestro Renato Palumbo.  Vale la pena ricordarne le caratteristiche. «Si tratta di una camera acustica smontabile in grado di coniugare il perfezionamento della riverberazione del suono verso la platea, una miglior definizione estetica dello spazio scenico con le necessità tecniche di smontaggio e montaggio», racconta Elena Brusa Pasquè, vera artefice del progetto. 
Visionata ed approvata da Karlheinz Muller, esperto mondiale in fatto di acustica, la conchiglia si compone di pannelli telescopici autoportanti posti su singoli carrelli mobili, realizzati dalla Sofal di Cormano, che rendono particolarmente facili e veloci le operazioni di smontaggio e stoccaggio della struttura. Il materiale è l’Ondapan, un prodotto innovativo della Panpla, ditta che fa riferimento al mantovano Gruppo Frati: pannelli di composto di laminato, sughero, gomma, alluminio e laminato plastico (H.P.L.), ideati due anni fa dall’architetto Luca Scacchetti come superfici di rivestimento per facciate. Un materiale curvabile, più flessibile del legno, ignifugo e in grado di sopportare variazioni temperatura e umidità.  
Elena Brusa Pasqué è di ritorno da Cracovia. Qui ha presentato una relazione proprio sulle potenzialità nel campo dell’acustica e della riflessione del suono del nuovo materiale. In un contesto culturale in cui il problema dell’acustica fa parte normalmente di un dibattito estetico di prim’ordine. «In Italia è diverso», spiega l’architetto. «Non che in Italia si ameno sentito che all’estero. Si tratta di ragionare sulla destinazione d’uso dei tanti teatri antichi e moderni. Le esigenze cameristiche o sinfoniche impongono nuove soluzioni. La differenza vera è che in Italia, rispetto ad altri paesi europei, si tende a trovare soluzioni improvvisate, spesso per mancanza di fondi adeguati destinati a progetti tecnico-culturali».  


Curiosa la sua vicenda professionale che l’ha condotta ad occuparsi di teatro. «Fin da studente ho sempre preso in considerazione il problema della plurisensorialità degli ambienti. Ritengo che anche la progettazione di una palestra debba tener conto dei suoi suoni specifici e della loro corretta  diffusione nell’ambiente. Soprattutto in presenza dei cosiddetti impianti polivalenti. Che poi in realtà non lo sono mai, proprio perché alla base spesso non c’è sufficiente attenzione al problema dell’armonizzazione del suono».  L’architetto ragiona dunque da tempo sul tema, realizza alcuni schizzi progettuali su un ipotetico teatro. Quanto basta per essere invitato al concorso indetto dal Comune di Pavia per il Fraschini. 
«Mi piacciono i progetti innovativi. E di nuovo in questo vi è l’idea di una vera e propria macchina scenica, non di una semplice fondale per migliorare l’acustica. Una macchina che ha il pregio di poter essere facilmente movimentabile, a basso costo, grazie ai carrelli, garantendo, oltre al miglioramento della fruizione del suono anche la possibilità di adattamento totale. La conchiglia del Fraschini ha una finitura in simil stucco antico, color terra di Siena dorata, che si accorda con eleganza al colore dei basamenti murari interni del teatro. Ma è possibile ogni forma di personalizzazione, anche in un teatro contemporaneo, con un rivestimento digitale». 
La sostanziale differenza tra questa conchiglia acustica e quelle che negli ultimi anni sono state via via realizzate in altri teatri sta proprio nell’estrema duttilità del materiale e della sua mobilità. Oltre al fatto che il nuovo materiale consente una massimizzazione di fattori come il dettaglio, la pienezza e definizione dei toni, molto più di quanto garantiscano altre camere acustiche seppur moderne ma realizzate secondo una concezione più rigida. 

«Gli esperti in materia hanno affermato che con l’inserimento della conchiglia acustica siano state ripristinate le condizioni che si presume avesse realizzato l’architetto  Bibiena, progettista del teatro», commenta con soddisfazione Brusa Pasquè. Giustificato dunque anche l’entusiasmo tra gli addetti ai lavori del teatro pavese. «L’intera orchestra di Mantova ha voluto verificare la nuova qualità del suono del Fraschini», prosegue l’architetto «e non è improbabile che una soluzione simile possa essere definita in tempi brevi anche presso l’auditorium mantovano». Anche le maschere del teatro a quanto pare si sono rese conto del cambiamento acustico: «Preoccupate sono venute a dirmi che adesso dovranno abbassare il tono di voce in sala. E questo mi ha fatto molto piacere». 

Naturalmente il più felice è Antonio Sacchi direttore del teatro Fraschini: «Il progetto Brusa Pasquè è stato scelto sulla base di una ottimizzazione economica, che nella gestione di un teatro è cruciale, ma sopratutto per le sue caratteristiche sperimentali. I nostri abbonati sono un pubblico di intenditori; su loro suggerimento abbiamo intenzione di apportare alcune modifiche. Ma, è quasi imbarazzante che lo dica io…, dai grandi musicisti che sono sin qui transitati a suonare nel nuovo impianto, da Enrico Dindo ad Aldo Ceccato a Gianandrea Noseda, abbiamo avuto solo gratificazioni per la nostra scelta».  


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Pubblicato il 06 Marzo 2003
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