«Una rabbia enorme per una morte inutile»

Aule semivuote e lacrime nei corridoi del "Keynes" di Gazzada, dove studiava Andrea Imperiale

Nessuno ha voglia di fare lezione, né i professori né gli alunni. Sul piano dedicato alle aule del corso “Erica” all’ istituto Keynes di Gazzada i ragazzi si guardano attoniti, fanno capannello fuori dalle classi, qualcuno piange. Parecchi se ne sono andati dopo un’ora: sono gli ex compagni di Andrea Imperiale, il ragazzo di 17 anni che qui ripeteva la quarta dopo essere stato bocciato lo scorso giugno. I suoi coetanei hanno preferito tornare a casa, gli amici più stretti non si sono neppure presentati. Nella sua classe attuale, la quarta appunto, una grande scritta sulla lavagna e una, più piccola, su un cartello attaccato alla porta: “Impe, per sempre con noi”.

«Le nostre parole sembrano di circostanza, ma non lo sono – dice il preside, professor Rosario Oieni – C’è una rabbia enorme per quello che è successo, per una morte inutile, stupida, futile. Ci auguriamo almeno che gli altri ragazzi e tutti noi saremo in grado di cogliere un insegnamento da questa tragedia. Speriamo in futuro di ricordarci che gli incidenti possono toccare anche noi in prima persona, non sono cose che succedono solo agli altri. E che basta poco, una piccola distrazione, una bravata, un rischio corso inutilmente per causare una strage».

Impossibile non conoscere Andrea per gli studenti. Da quest’anno lo avevano eletto loro rappresentante nell’istituto, un modo anche per impiegare in maniera positiva la propria esuberanza. Un carattere forte, deciso, che nell’ultimo periodo lo aveva portato ad avere qualche problema di troppo nonostante le attenzioni che i professori e il preside stesso avevano per lui. Ma anche un ragazzo che si fermava volentieri a parlare con gli insegnanti, a discutere con loro, a confrontarsi con il preside sui problemi della scuola: «Con Andrea ho parlato spesso, anche negli ultimi tempi – aggiunge il professor Oieni – Aveva assunto il ruolo di rappresentante di istituto e si dava da fare per svolgerlo».

Suona la campanella, il professore di lettere avvisa: «Tutti in biblioteca». Per un momento di confronto, di ricordo. Per stringersi assieme e cercare di capire perché è possibile morire a diciassette anni, su un rettilineo, dopo un pomeriggio a scherzare insieme e prima di un cinema.

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Pubblicato il 21 Novembre 2005
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