«Solo loro sanno cosa è successo»
Gli amici delle vittime dell'incidente si sono ritrovati nel centro del paese. Scritte per ricordare i giovani scomparsi
È uno spaccato di questa Italia l’angolo di via Mazzini nel centro di Buguggiate. Lì si sono ritrovati gli amici dei ragazzi morti nell’incidente di domenica sera. Marco, Mauro, Cristian, Emanuele, Daniele, Denis. Volti e nomi comuni, ragazzi di paese tra i 16 e i 22 anni. Solo due diplomati, il resto già al lavoro da molto tempo. Idraulici, meccanici, imbianchini, operai e qualche disoccupato. Qualcuno è arrivato in piazza ancora con la tuta da lavoro. Sono venuti a scrivere e ad appendere gli striscioni per gli amici scomparsi. «Le persone non muoiono mai finché vivono nel ricordo di chi le ha amate» recita quello più grande.
Per terra c’è anche quello dedicato ad Agostino Caristo che sarà portato a Capolago. Marco il suo inseparabile amico sceglie con cura il colore della bomboletta spray e inizia a scrivere: «Ciao Ago».
Una ragazza raccoglie i soldi per i fiori del funerale. Questi ragazzi provano a farsi forza a modo loro. Soprattutto Marco Grosso, 16 anni e i capelli aguzzi, che rimane incollato con le spalle al muro con vicino la madre. Era l’amico del cuore di Andrea Imperiale. Lo abbracciano tutti. «Avevo passato la notte con lui – dice il ragazzo – siamo andati a ballare. Poco tempo fa aveva buttato via una moneta che gli aveva regalato una ragazza durante una vacanza a Riccione. Diceva che gli portava sfortuna. Io quella sera non sono andato con loro perché ero a casa con la mia ragazza».
Mauro era l’amico di Agostino. Gli occhialoni scuri su un viso ancora troppo piccolo e scarno. Passavano le domeniche pomeriggio sempre insieme. Pare che Agostino non si allontanasse dal circolo di Buguggiate se non c’era lui. «Se c’ero io quel pomeriggio, Ago non ci sarebbe andato, oppure sarebbe salito in macchina con me. Ci siamo sentiti e gli ho detto che andavo al Mc Donald’s e ci saremmo visti dopo. Mi disse che voleva smetterla di scaricare caldaie da 500 chili. Ieri sono andato a dire il rosario, ma non ce l’ho fatta a rimanere lì».
Cristian è il più arrabbiato di tutti. Capelli a zero, un braccio ingessato, il fisico smilzo. Fino a qualche tempo fa, prima di finire in malattia, montava serramenti. «Si sta bene a casa senza fare niente» dice scherzando. È appena stato all’ospedale di Legnano a trovare Marco Panarese, il trentenne che era alla guida della Peugeot, uno dei due superstiti. «Noi tutti i giorni andavamo in macchina con lui e non è vero che abbia obbligato gli altri a salire. Siamo tutti amici e siamo sempre usciti insieme».
Nessuno, però, vuole parlare dell’alta velocità della auto su cui viaggiavano i cinque ragazzi. L’omertà, a volte, puo’ esssere più forte del dolore. Solo uno accenna al problema, ma gli altri non gli prestano attenzione. Daniele, il più schivo, è uno dei pochi che li ha visti partire quella sera maledetta: «C’era davanti Mirko, sono sicuro. Ho visto la macchina che partiva dalla salita del circolo di Buguggiate» dice balbettando. «Se c’ero io – aggiunge Denis – Mirko sarebbe andato dietro. Solo loro sanno cosa è successo».
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