CCR, il centro di ricerca dice addio al nucleare

Seicento cinquanta milioni di euro messi a disposizione dall'UE per la denuclearizzazione e il riassetto dei laboratori del Centro comune di ricerca

Ha ormai 50 anni, è nato come un centro nucleare e ora invece si occupa di sostenibilità ambientale e di studi sul cambiamento del clima: non foss’altro per questi due elementi, al CCR di Ispra serve un po’ di maquillage. Un po’ per togliersi di mezzo quell’ingombrante ricordo del suo primo nome (Euratom) e della sua prima attività di cui ancora conserva, anche fisicamente, un bel po’ di resti.
Un po’ perché il principale centro ricerca della UE,  terza sede in assoluto della Commissione Europea per dimensione, ora al lavoro su alcune delle ricerche più sulla bocca di tutti (sicurezza degli alimenti, cambiamenti del clima, inquinamento da veicoli…) malgrado sia grande e spazioso, comincia a sentire i suoi anni e non essere più così "attrattivo" per i giovani ricercatori internazionali, sempre più tentati dall’America.

Così ieri pomeriggio il CCR ha presentato il suo progetto per seppellire il passato e rendere più confortevole il futuro: il taglio al passato sarà possibile grazie a fondi – 650milioni di euro – , sui mille messi a budget dalla UE per lo smantellamento delle sedi nucleari europee.
Una cifra stanziata nel 1999, che la UE immagina verrà impiegata in una ventina d’anni: tanto ci vuole infatti per procedere alle operazioni necessarie, visto che smantellare sedi che hanno avuto a che fare con la radioattività non è come buttare i rifiuti in spazzatura, ma hanno bisogno di operazioni realizzate in sicurezza da personale specializzato, sicuramente proveniente da paesi nuclearizzati, come non è il nostro "e che si fa decisamente pagare, per questa sua capacità" precisa Celso Osimani, capo dell’unità per la denuclearizzazione e le facilities del centro, che si occupa di fatto "dello smantellamento di quello che qui c’è ancora di nucleare", cioè tre reattori e una non precisata quantità di rifiuti speciali ingabbiati nel cemento armato, in attesa che il governo Italiano decida in quale posto della Nazione (perchè queste sono le regole fissate nell’Unione Europea, che i rifiuti restano nei paesi che li hanno prodotti) relegarle. Osimani spiega che i
lavori procedono «secondo le regole fissate dal governo italiano» che ne ha competenza, ma prevedono, inevitabilmente, ancora molti anni di lavori e competenze sempre più difficili e costose da trovare.

Il futuro del CCR è invece rappresentato da un concorso di idee rivolto ad architetti di tutta Europa, che hanno il compito di "ridisegnare" la gigantesca sede del CCR. Pensata e realizzata per un centro di ricerca nucleare, e perciò con grandi spazi tra un laboratorio e l’altro per evitare coneguenze a catena in caso di incidenti, ha spazi ormai del tutto inadatti per un centro di ricerca che impiega fondamentalmente chimici, biologi e statistici che potrebbero, che da una frequentazione più facile – magari davanti alla macchinetta del caffè – possono far scaturire nuovi studi sull’ambiente e sulla sicurezza umana. Una cosa pressocchè impossibile allo stato degli atti, in una sede della dimensione di più di 160 ettari con 36 km di strade interne: una vera e propria cittadella, dove chi lavora all’interno per fare una riunione deve nella maggior parte dei casi prendere l’auto.

Così, il centro proporrà all’Unione Europea un budget di 50 milioni di euro per inventare una soluzione che compatti in maniera più efficiente i palazzi del centro, in modo da rendere più vicini e raggiungibili con corridoi interni la maggior parte dei laboratori.
«In fondo i stratta di un decimo del budget per lo smaltimento del nucleare" confessa fiducioso Dolf van Hattem, capo dell’unità sviluppo del sito, che sottolinea come la cifra non sia poi così alta per un complesso immobiliare che vale, per le assicurazioni, 380 milioni di euro.
Un investimento in fondo non eccessivo per evitare la fuga dei cervelli europei a favore dell’America.  Cervelli che la Commissione Europea spera possano innamorarsi di nuovo del lago Maggiore.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Dicembre 2005
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