«Il razzismo è il peccato originale di Varese»
L'assessore allo Sport, Marco Caccianiga, difende la sua città dall'accusa di razzismo e prende posizione sul caso Myers
«Fini si è sdoganato. Noi purtroppo da questo episodio non ci sdoganeremo mai, il razzismo è il nostro peccato originale». Il peccato originale di cui parla Marco Caccianiga è la gazzarra antisemita di cui si rese protagonista la tifoseria della pallacanestro varesina oltre vent’anni fa, in occasione della partita contro gli israeliani del Maccabi di Tel Aviv. «Siamo lontani anni luce da quell’episodio, però puntualmente viene tirato fuori, non appena succede qualcosa».
«Non bisogna confondere le cose. Se lei parla dell’episodio Benhassen, sono d’accordo nel dire che quello fu un caso di razzismo vergognoso. Il ragazzo fu insultato perché di colore diverso e fin da subito io ho preso una posizione forte difendendolo»
Invece nel caso di Carlton Myers?
«Myers, e lo dico da appassionato e tifoso di pallacanestro, è insultato perché è Myers e non per il colore della sua pelle. Da sempre, quando viene a Varese questo giocatore ha degli atteggiamenti provocatori e allora il tifoso che sta in curva, a cui non si può chiedere di essere sportivo, perché lo sportivo è quello che sta in tribuna, lo insulta, ma non per il colore della pelle. I tifosi della pallacanestro li conosco tutti: sono persone rispettabilissime, tutte persone che lavorano».
Però nella realtà accade che al PalaIgnis si ascoltino cori del tipo: “Varese è la squadra più bianca che c’è” o “non esistono negri italiani”, indipendentemente dalla presenza di Myers.
I giocatori della squadra di calcio del Treviso, in segno di solidarietà nei confronti del loro compagno nigeriano Akeem Omolade, contestato dai tifosi perché di colore, si presentarono in campo con il viso dipinto di nero. Lei lo farebbe?
Perché l’amministrazione comunale non esce allo scoperto e insieme alle società sportive dà un segnale chiaro contro il razzismo. Basterebbe far leggere ai giocatori un comunicato prima della partita.
Umberto Bossi usa l’espressione bingo bongo quando parla di extracomunitari. Pensa che questo linguaggio possa legittimare altri comportamenti?
Per lei è normale che dei giocatori, di calcio o di basket, vadano a esultare sotto la curva, dopo che dalla stessa si sono levati cori razzisti. Non sarebbe meglio che si astenessero per dare un segnale chiaro di condanna? Allo stadio il tifo razzista è presente e costante. Nella primavera del 2002 tre calciatori, due fratelli francesi di origine magrebina e un camerunese sono stati aggrediti. Di quell’episodio non si è saputo più nulla, l’unica cosa certa è che i tre giocatori, qualche mese dopo, lasciarono Varese. Secondo lei fu l’effetto di quell’aggressione o una scelta tecnica?
In occasione della conferenza stampa, tenutasi a Villa Recalcati l’8 maggio del 2002 per condannare l’aggressione ai tre calciatori stranieri, i dirigenti del Varese ribadirono la loro vicinanza e quella della squadra ai tre ragazzi e dichiararono che non si sarebbero nascosti dietro il colore della pelle e che il futuro calcistico dei tre giovani era legato a Varese da un contratto pluriennale. |
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