Il padano Paragone e lo strano mondo della comunicazione varesina

Quattro chiacchiere sotto la canicola con Gianluigi Paragone, reduce dal ciclo di serate ai Giardini estensi che ha portato a Varese Feltri e Mentana

Soffocato dalla canicola come tutti noi e assediato dal figlio che nei primi secondi invade quasi fisicamente il telefono (“il cavalluccio dopo” è la promessa che sento fare prima di iniziare le domande) è quasi una sfida provare, alle undici e mezzo di un sabato di luglio, ad intervistare Gianluigi Paragone.
Il direttore della Padania, ormai uno dei volti varesini più noti in Italia, è reduce dall’ultima delle serate che hanno regalato alla città una allure meno provinciale del solito, in una cornice – quella dei giardini estensi – di cui tutti i varesini sono orgogliosi. Ma Paragone, da noi noto come giornalista della Prealpina prima e direttore di Rete 55 poi, non abbandona nemmeno in questo frangente la sua anima allegra e un po’ “piaciona” che l’ha introdotto in poco tempo tra i colleghi delle testate nazionali e si sottopone di buon grado al "terzo grado".
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«Devo dire che avete anticipato un mio messaggio: stavo per scrivervi una lettera di ringraziamento perché siete stati i più attenti tra i media varesini nella presentazione degli avvenimenti che mi hanno riguardato. Solo in un solo altro caso c’è stato un simile richiamo a questi incontri. Il che significa inoltre che tra le persone che sono venute, sempre tra le 300 e le 500, oltre che per le vostre segnalazioni ha funzionato innanzitutto l’interesse e il passaparola».

Comincia subito a bomba, malgrado la voce allegra, il diretùr. Anche se, di fronte al dubbio che i varesini stiano cercando dei canali alternativi rispetto ai media tradizionali per trovare le informazioni che a loro interessano veramente, precisa subito: «Non è così. Chi fa manifestazioni non può fare a meno della stampa, e viceversa». Detto questo, a margine del ciclo di incontri da lui non solo presentato ma anche organizzato, e che ha visto tra i protagonisti Vittorio Feltri, Enrico Mentana, Darwin Pastorin e Maghdi Allam, Paragone si sente di esprimere: «Io però mi sento di essere molto severo con Varese: non si fa così informazione, se si vogliono ottenere risultati per la città. E non basta certo una nuova rivista, anche se fosse la migliore al mondo,  per rendere la nostra città una meta di location. Non è così che si dà un’identità a Varese: che è una città e un nome che non richiama niente, al momento, in Italia».
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Quel che manca, secondo lui, non è certo la bellezza intrinseca, o le opportunità: «E’ l’iniziativa. A Como per esempio c’è un forte impegno a finanziare i progetti, e il risultato si vede. In questi due ultimi anni in cui mi sono allontanato da Varese ho visto iniziative editoriali diverse, prima con Adn Kronos e poi con la Padania. E la faccenda, perché funzioni, è semplice: le istituzioni si presentano con un budget, e finanziano dei progetti in comune. Per questo ero felice di avere convinto Maurizio Costanzo a venire a Varese: perché lui è uno che fa produzioni televisive, e fargli conoscere la nostra città sarebbe stato interessante. Se vuoi fare qualcosa di davvero incisivo per la città infatti devi andare direttamente dai numeri uno, e con un budget. Trovo che siano soldi persi quelli usati per fare il restyling di una rivista senza puntare in alto, è un modo assolutamente provinciale per affrontare una sfida». I giornalisti che si sono succeduti ai giardini Estensi erano invece tra i più noti, per le loro posizioni di direttori di testate o di opinionisti di lusso nei più importanti tg. Ma sono soprattutto: «Cinque persone che conosco e che stimo, con le quali ho un rapporto extra professionale e che è stato innanzitutto un divertimento coinvolgere. Ma che hanno saputo “tirar fuori” di casa  i varesini, attirati da volti molto noti in tivù».

Per Paragone «tutti gli incontri sono stati per me importanti, non posso dire che ce ne sia uno più degli altri. Certo, la città ha risposto al meglio con Feltri, ma d’altra parte qui Libero vende tantissimo. Ma hanno risposto bene anche per Mentana naturalmente, e per Maghdi Allam».

Insomma, ovvio non sbilanciarsi per cinque amici venuti in terra padana. Tutte amicizie recenti, nate con la direzione del quotidiano di Bossi…
«Sì lo so, adesso è facile dire che ho accettato di diventare direttore della Padania per “la cadrega”. Ma quando ho dovuto scegliere ho preso un rischio. Io non ero a spasso, avevo appena firmato un contratto a tempo indeterminato per Adn Kronos, un contratto di quelli che uno un po’ ambizioso per il suo futuro non molla. E l’ho lasciato per un contratto a tempo determinato, quindi per una cosa più incerta, che per di più avrebbe potuto bollarmi a vita. Non è stato quindi per la cadrega che l’ho fatto, ma perché ho presentato un piano editoriale a Bossi, che ci ha creduto e l’ha accettato. C’è molta stima reciproca tra noi due, in questo. Io so che non sono particolarmente amato da una parte di Lega che non mi potrà mai vedere, e che non apprezza le mie comparsate. Ma ci sono tante persone normali invece che votano Lega e fino ad ora non hanno avuto una rappresentatività mediatica: il mio scopo era di portare alla Padania una visibilità che prima non aveva, e l’ho riportata a un linguaggio “normale” in cui molti si riconoscono. Ad ogni trasmissione cui ho partecipato ha sempre corrisposto un po’ di copie in più guadagnate dal giornale. Quando sono diventato direttore La Padania vendeva 10.000 copie: ora abbiamo un consolidato di 18000. Senza la televisione non ci sarei mai e poi mai riuscito».

Ovviamente l’ultima domanda della chiacchierata, visto il buon successo dell’iniziativa estiva, è se un’iniziativa del genere avrà un seguito: «sarebbe bello, anche se a me piacerebbe che ci fosse la presenza di altre testate varesine, non vorrei fare una cosa solo “di Paragone”. Quello appena concluso è stato per me un modo per tornare a Varese dopo anni di assenza. E con tutta la crisi idrica che c’è e il fatto che ha piovuto praticamente ad ogni serata, certamente un mio contributo alla città l’ho dato…» ci ride su il direttore. «Ma prima che finisca l’intervista, mi permettete una cosa? Fatemi ringraziare Andrea (Campane, dell’assessorato alla cultura di Varese, ndr) e Anna, per l’organizzazione: sono stati davvero bravissimi e preziosissimi. Tranne naturalmente che nel fermare le nuvole».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Luglio 2006
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