“I luoghi della carità e della cura. Ottocento anni di storia dell’ospedale di Varese”
Il libro (FrancoAngeli Editore) curato da Marina Cavallera, Angelo Giorgio Ghezzi e Alfredo Lucioni è stato presentato alle Ville Ponti
protagonisti de "La mensa dei poveri", quadro di Innocente Salvini del 1948, non guardano verso la tavola, scarnamente accomodata. È uno sguardo lontano e sereno il loro, mentre la matriarca si accinge a distribuire con un senso di gratitudine la pietanza. Tutti legati da un bene comune, in attesa di riceverlo, con gratitudine. Un’immagine emblematica per un testo che traccia la storia dell’Ospedale di Varese. La salute e la sua tutela sono un bene comune, e l’istituzione, preposta alla cura, è caratterizzata fin dalla nascita da un forte senso di carità e di pietas cristiana. Una storia contrassegnata da una profonda armonia – come l’ha definita lo storico Roberto Ghiringhelli – tra ambiente religioso e ambiente produttivo. Il libro "I luoghi della carità e della cura. Ottocento anni di storia dell’ospedale di Varese" (Franco Angeli editore), curato da Marina Cavallera, Angelo Giorgio Ghezzi e Alfredo Lucioni, è stato presentato alle Ville Ponti da Carlo Lucchina, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Circolo, Maurizio De Bortoli, del centro culturale Massimiliano Kolbe, Angelo Moioli, direttore del dipartimento di storia della società e delle istituzioni dell’Università degli studi di Milano, Robertino Ghiringhelli ed Edoardo Bressan, dell’Università degli studi di Milano. I curatori hanno diviso il testo in due parti: la prima che tratta i luoghi e le forme dell’assistenza, la seconda che parla degli uomini e delle strutture. Una scansione che permette di ripercorrere le tappe di questa storica istituzione, sia con i passaggi economico-sociali che l’hanno contraddistinta, sia con le singole figure che hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo dell’ente. La storia dell’Ospedale di Varese è anche l’occasione per ripercorrere la storia della città. Due vicende che s’intrecciano fino al progetto futuristico del nuovo ospedale, i cui lavori dovrebbero iniziare a breve. Tra il ‘500 e il ‘600 il territorio intorno a Varese si arricchisce con altre "quasi città" , realtà che crescono (Legnano, Saronno, Busto Arsizio e Gallarate), grazie ad un nuovo dinamismo sociale ed economico, che si riflette non sempre positivamente anche sul sistema ospedaliero. Guerre, carestie, epidemie, pellegrinaggi impongono una riorganizzazione e una separazione dei luoghi di cura dei malati a quelli destinati alla semplice accoglienza e assistenza. Tra il ‘700 e l’800 si verificano profondi mutamenti per gli enti assistenziali, frutto sia degli influssi del governo austriaco sia dell’innovatività del modello francese. È nell’800 però che l’ospedale assume una forma e una struttura simile a quella attuale: l’ospedale non è più inteso come luogo di rifugio e di cura solo per i poveri e i derelitti, ma diventa luogo di degenza e cura per i malati di qualsiasi estrazione e soprattutto centro propulsore per la ricerca scientifica e la formazione professionale. Il tutto alimentato anche dalla vicinanza e dal rapporto con la prestigiosa Università di Pavia. E, a proposito di università, significativa e singolare, per l’importanza dell’occasione e dell’argomento, è stata la mancanza tra i relatori di rappresentanti dell’Università dell’Insubria, nonostante tra i contributi presenti nel libro ci fosse anche "Medici e chirurghi nell’ospedale di Varese fino agli inizi del Novecento", dell’insubrico professor Giuseppe Armocida. "I luoghi della carità e della cura. Ottocento anni di storia dell’ospedale di Varese" |
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