Benigni racconta Dante ai tempi della Lega nord

Quasi tre ore di monologo di fronte a un PalaWhirlpool stracolmo. L’attore toscano piglia di mira a più riprese e con simpatia Roberto Maroni. Una lezione magistrale sulla Divina Commedia e il bisogno di assoluto

Roberto Benigni è un giullare serio, preparato. Prima di salire sul palco del PalaWhirlpool, saltando come una cavalletta impazzita, ha studiato. È arrivato nella Città Giardino con un giorno di anticipo per conoscere. Un gesto di rispetto verso il pubblico varesino, caloroso e numeroso. Ha salutato quelli di Orino e di Cazzago Brabbia. Ha parlato delle cappelle del Sacro Monte e dell’aereo personale parcheggiato davanti alla questura. Ha citato la Lega nord con simpatia, «un popolo di lavoratori»,  invocando a più riprese Roberto Maroni (peccato non fosse presente) a cui farebbe uno «scalone» e martellando Roberto Calderoli a cui farebbe interpretare una «fata turchina porcona». Ha salutato i Fichi D’India, Max Cavallari e Bruno Arena, seduti in prima fila e protagonisti con lui nel film “Pinocchio”, e l’amico Matticchio.

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Benigni, però, non era a Varese per fare satira politica. Doveva parlare della Divina Commedia : «Da quando non c’è più Berlusconi gli argomenti sono finiti. La Guzzanti s’è buttata sull’Ariosto e io su Dante Alighieri. E pensare che è stato letto per primo da Boccaccio e finisce con Benigni».
C’è modo e modo di sentirsi orgogliosi di essere italiani, lui lo è perché si sente figlio di Dante: «Noi siamo stati grandi nel mondo due volte: con i Romani, perché abbiamo esportato la civiltà e il diritto nel mondo e con il Rinascimento. Dante costruisce la lingua italiana attingendo molto dal nord, dalla Lombardia e dal Veneto».
Benigni cita Sant’Agostino: «Ama e fa ciò che vuoi. Basterebbe amore e conoscenza per evitare la mostruosità che hanno fatto a Welby. Non l’hanno fatto entrare in chiesa. Era morto!».

Cristo era superiore a Marx e a Engels, il Vangelo al Capitale. Lo dice convinto, serio. «Cos’è la vita senza l’amore. Gesù ci ha insegnato la pietà e ad amare il prossimo in un periodo storico terribile, dove si massacrava per un nonnulla».
E la grandezza di Dante? «Nella Divina Commedia lui scrive e parla di persone del suo tempo, come noi potremmo parlare dei nostri vicini di casa, dei politici, degli amici al bar. E lo fa in un modo meraviglioso, come in un film».

Dopo quasi due ore di parole appassionate e divertenti, il sorriso lascia il posto all’intensità dei sentimenti. Sono Paolo e Francesca i protagonisti della scena e il loro amore contrastato. «"La bocca mi baciò tutto tremante". Sono i versi più belli della storia». Chiama ancora una volta in causa Maroni e Berlusconi, quasi per fare una prova con il pubblico, per vedere se c’è, se è presente, nel momento in cui sta imboccando la strada più difficile: il bisogno di assoluto che c’è in ognuno di noi. E la tragedia dei due innamorati, l’amore profondo e travolgente che unisce Paolo e Francesca è il modo più bello e poetico per rappresentarlo. «L’amore ci rende persone libere e meravigliose». Cita un passo del Vangelo di Giovanni (anche se l’episodio della emorroissa è citato in tutti i vangeli tranne che in quello di Giovanni, correzione segnalata da un lettore), quando Gesù, accerchiato da un’umanità dolente che invoca il miracolo per le proprie sofferenze, si accorge di una donna che a malapena si regge sulle gambe sanguinanti. Lei spinta dalla fede riesce ad afferrare un lembo della sua veste. «Gesù sente quella mano perché sente il suo cuore. E la guarirà per l’eternità» dice Benigni.
Alle 23 e 15 accosta il leggio e per un buon quarto d’ora inizia a declamare i versi che raccontano l’amore assoluto di Paolo e Francesca. Si commuove e con la voce rotta dal pianto, come se fosse la prima volta, si inchina per raccogliere l’ovazione finale del pubblico. «La bellezza del verso sta nell’orecchio di chi ascolta e non nella penna di chi scrive».
Il pubblico varesino ha dimostrato di saper ascoltare.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Gennaio 2007
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