I ragionevoli dubbi di Gianrico Carofiglio

Intervista allo scrittore barese. Giovedì sera (inizio 20 e 30)sarà ospite alla Libreria del Corso. L'autore sarà presentato dal magistrato Giuseppe Battarino

«Mi puo’ richiamare tra qualche minuto? Il tempo di riportare a casa il cane». Il cane è un boxer e si chiama Balboa, proprio come l’eroe del pugilato celebrato sul grande schermo. Lui è Gianrico, al secolo Giovanni, Carofiglio, scrittore e magistrato antimafia della procura di Bari. È uno degli autori «noir» (definizione che l’autore accetta) più letti e amati in Italia. Questa sera (giovedì 8 febbraio) sarà ospite della “Libreria del corso” e verrà presentato dal collega magistrato Giuseppe Battarino.

Carofiglio, che cosa l’affascina della scrittura?
«Il cambiamento. Io non considero l’avvocato Guerrieri come un personaggio seriale. I miei libri si possono leggere come macrocapitoli di un grande romanzo di trasformazione. Ciò che rende un romanzo degno di questo nome è la capacità di rappresentare l’universalità dei sentimenti».

È per questo che nei suoi romanzi i vari piani e le storie dei protagonisti si intrecciano in continuazione? Alcuni personaggi sono il pretesto per raccontarne altri, a volte sfumano e a volte prendono improvvisamente la scena.
«Il poliziesco tende per necessità della sua struttura a semplificare, il giallo anche. Seguono una strada già tracciata. Io, invece,  mi definisco uno scrittore “noir” perché è l’esistenza stessa dei personaggi che scioglie le contraddizioni della vita, i dubbi, senza seguire un percorso definito».

Legal thriller, giallo, noir, poliziesco. In Italia spesso si agita la polemica degli scrittori di genere. Cosa pensa in proposito?
«Sono stato recentemente invitato a un convegno nel Regno Unito. E lì ho scoperto che gli scrittori  inglesi di gialli, noir e polizieschi sono considerati di serie "B". In Italia non è così. Direi che la migliore distinzione è tra buona e cattiva letteratura».

Quanto di autobiografico c’è nel suo ultimo libro, soprattutto nella parte che riguarda il protagonista bambino? Lei ha figli?
«Non è direttamente autobiografico, nel senso che non mi è mai capitato di essere picchiato quando ero piccolo. L’aspetto autobiografico è legato alle domande, ai dubbi, alle emozioni e ai sentimenti che si hanno a quell’età. Sono rappresentate una serie di paure. Sì, ho due figli, un maschio di 16 anni e una bambina di 12».

A un certo punto tira in ballo Jung e consiglia al riguardo anche un libro. È mai stato in analisi?
«No, anche se tutte le discipline che si occupano della mente mi incuriosiscono molto».

In "Ragionevoli dubbi" affronta il tema delle regole scritte e non scritte. Un presidente del Consiglio, molti anni fa, parlava di costituzione materiale e formale, di regole scritte e di prassi consolidata. Quali sono i suoi dubbi in proposito?
«Personalmente mi piacerebbe che la legge fosse unica. Ma non ho scritto il libro per enunciare una tesi. Il messaggio c’è, ma non precede la scrittura, semmai la segue. Quando scrivo non sostengo una tesi predefinita, è una questione di rispetto per il lettore, per il personaggio e anche per chi scrive».

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Pubblicato il 08 Febbraio 2007
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