Ma le pecore di via Gasparotto da dove venivano?

"Svernano" in provincia, sono greggi da quasi 800 capi. I particolari del "caso" svelati dagli esperti

Ma cosa diavolo ci facevano delle pecore in via Gasparotto? E soprattutto, era normale che fossero lì? e di chi erano? Passato il momento di stupore, e la curiosità per le foto, siamo certissimi che tutti voi, come noi del resto, vi siate posti queste domande. A cui, ovviamente, passato il primo momento, abbiamo provveduto a cercare di rispondere, partendo dal materiale che avete trovato su Varesenews.

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Pecore in Via Gasparotto 4 di 9

«Innanzitutto, guardi che ha approssimato per difetto: a occhio e croce – stando alle sue foto e ai suoi video – più che di un centinaio di pecore si tratta di qualche centinaio di pecore. Ma sa com’è, non me le faccia contare: perché non riesco mai ad arrivare in fondo, quando conto le pecore…» comincia con una precisazione e una battuta la conversazione con Giuliano Bossi, dottore agronomo e funzionario dell’Unione Agricoltori-Confagricoltura, esperto interpellato per capire un po’ di più sui motivi dell’esistenza di un gregge di pecore a spasso per via Gasparotto a Varese.

«Quelli che le guidavano e che chiudevano il gregge non erano poi esattamente contadini, ma allevatori transumanti: gente che non ha un rapporto fisso con la terra, ma ha una vita nomade per seguire il percorso del cibo degli animali che curano. Una vita che ha un suo fascino, ma che sempre meno persone si sentono di fare. Non perchè non sia una vita redditizia: questo lavoro ha ancora infatti una sua redditività, soprattutto con l’arrivo dei musulmani che mangiano queste carni. Ma, proprio per il sacrificio che questa vita impone, sono sempre meno quelli disposti a sopportarla. Tant’è vero che gli allevamenti abruzzesi sono ormai tenuti da allevatori albanesi o macedoni, più abituati a questo lavoro».

Quelli che ho incontrato, però, avevano l’aria di essere italiani…
«Lei probabilmente si è trovata di fronte uno dei 2 o 3 greggi che provengono dalla bergamasca, che sono qui per transumanza e sono guidati da allevatori bergamaschi».

Venivano da Bergamo a piedi?
«No. I grandi spostamenti non si fanno più a piedi: i capi vengano caricati su camion che li portano qui. Questo tipo di spostamenti vale solo da pascolo a pascolo: e se in mezzo c’è una strada la attraversano»

Ammetterà che è inusuale, ritrovarsi un gregge dall’altra parte della carreggiata…
«Innanzitutto, è inusuale ma regolato dal codice della strada: il fatto per esempio che ci fosse un allevatore all’inizio del gregge e uno alla fine, fa parte delle regolamentazioni del Codice. Poi, fino a qualche decennio fa era tradizione che ci apparteneva: qui c’era infatti una razza di pecore, che appunto si chiamava “razza varesina”, nativa di qui ma che d’estate arrivava fino alla val Formazza. L’ultimo gregge è di trent’anni fa: era della famiglia Gervasini la cui moglie, Rosanna Nicolini, è la titolare oggi di un noto agriturismo a Varese».


Interpellato, il dipartimento di prevenzione veterinaria
dell’Asl di Varese conferma la presenza dei greggi bergamaschi: «Sono due o tre ogni inverno, ognuno della dimensione approssimativa di 700 – 800 capiconferma Claudio Ferrario, direttore del dipartimento – L’unico gregge stanziale cioè registrato come residente in provincia è a Busto Arsizio, quello di Michelina Greco. Tutti gli spostamenti dei greggi su strada sono regolamentati dal comune: gli allevatori fanno richiesta al sindaco che, valutato il possesso della certificazione di sanità dei capi che rilasciamo noi, concede la possibilità del passaggio del gregge. Un passaggio che ha più o meno le regole delle manifestazioni e dei cortei».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Marzo 2007
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