Omicidio a Palazzo di Giustizia

Erano in tribunale per una udienza di separazione: il marito ha sparato e ucciso la moglie

Erano le 11 e 45 circa quando al primo piano del palazzo di giustizia di Varese è scoppiata la tragedia. Rosolino D’Aiello, 62 anni palermitano e carabiniere in pensione, ha esploso quattro colpi di pistola contro la moglie, Cosima Granata, di 49 anni. La donna, raggiunta alla testa da uno dei proiettili, è morta sul colpo. I due coniugi si trovavano in udienza per definire i dettagli  della loro separazione. Nell’aula oltre al giudice, Gabriele Fiorentino, si trovavano gli avvocati delle parti, Francesca Marra e Roberto Cabri. Nello stabile di piazza Cacciatori delle Alpi, al momento della tragedia, c’erano poche persone. Era infatti prevista una assemblea sindacale del personale del tribunale. 
(sopra: i carabinieri fanno i primi rilievi nell’aula dove si è consumata la tragedia)

L’azione di D’Aiello è stata fulminea: ha estratto di tasca la pistola e, senza lasciare il tempo ai presenti di intervenire, ha esploso quattro colpi in sequenza. L’omicida, subito bloccato, è stato interrogato dal pubblico ministero Rossella Ferrazzi, nell’aula bunker dello stesso palazzo di giustizia varesino e trasferito successivamente al carcere dei Miogni.  L’uomo, dopo la pensione e la separazione di fatto dalla moglie, si era stabilito nel paese d’origine, in Sicilia. La vittima, Cosima Granata, era invece da circa un anno a Varese e viveva con la sorella e il cognato. La coppia aveva due figli: Daniela e Cosimo, rispettivamente di 25 e 27 anni.

L’omicida non aveva mai accettato la separazione dalla moglie. Tra i due era sorto un contrasto per gli assegni di mantenimento, che l’uomo non versava regolarmente. Secondo i parenti di lui si trattava di uno stratagemma per convincerla a tornare a casa. Un amore rifiutato sarebbe quindi all’origine dell’assassinio.

Questa vicenda pone però dei dubbi atroci: come ha fatto l’omicida ad arrivare fino alla sezione civile del primo piano con un’arma addosso? La tragedia poteva essere evitata se l’uomo fosse passato dal metal detector posto al pianterreno del palazzo di giustizia? L’apparecchiatura c’è, è stata installata da circa un anno, ma non è ancora in uso e a quanto pare è stata aggirata al momento del passaggio. 
Non più di due mesi fa un’analoga tragedia si era verificata a Ponte Tresa. In quell’occasione il dramma si era consumato in uno scenario diverso, nello studio di un’avvocato che stava curando la pratica della separazione. L’epilogo allora fu ancora più tragico: l’uomo, un giovane finanziere, dopo aver  ucciso la moglie, si tolse a sua volta  la vita.


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Settembre 2002
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