Le irriducibili: “Sapone e olio di gomito, i panni vengono più bianchi”

I ricordi di un tempo, quando lisciva e cenere erano il "motore" che faceva girare il menage familiare. "La lavatrice? Non sciacqua bene"

Lavandaia del duemila, segni particolari: over sessanta. Sono rimaste in poche, anche perché le giovani d’oggi non sanno cosa vuol dire lavare a mano. La comodità della lavatrice ha ormai avuto la meglio su lavatoi e mastelli, ma a ricordarsi quei lunedì pomeriggi passati intorno alla vasca in compagnia delle comari a spettegolare sui fatti del paese sono in tante.
A Cazzago Brabbia, chi ancora usa il lavatoio almeno due volte alla settimana è la mamma del sindaco, Clara Esterri: «Io lavo tutto al lavatoio, ci metto circa un’ora alla volta: i vestiti non vengono puliti bene nella lavatrice, e non si sciacquano per niente». L’unica eccezione? «Le lenzuola, troppo pesanti da lavare a mano» conclude la mamma del primo cittadino.
«Ai miei tempi ci si metteva tre giorni a lavare le lenzuola – ci racconta Ermide Zappatini, 74 anni -: il primo, le lavavamo al lavatoio, il secondo giorno era quello del bucato fatto in casa, in cui si usava un miscuglio di acqua calda, sapone e cenere di legno bianco per dargli quell’odore che oggi non esiste più. Il terzo giorno, era invece quello del risciacquo, sempre al lavatoio».
Operazione che veniva compiuta una volta al mese, mentre il giorno di bucato per tutte le donne del paese era il lunedì. D’estate, si lavava sui sassi intorno al lago, immergendosi nelle acque fino alle ginocchia. Tutta un’altra storia era l’inverno: «Si andava anche con la neve, con l’acqua gelida, e arrivavamo a casa con le mani congelate – ricorda Angelina Fidanza, 83 anni -, anche perché a quei tempi i guanti non esistevano, e alternative non ce n’erano: o lavavi al lavatoio, o andavi in giro senza vestiti, visto che ne avevamo davvero pochi».
Verso gli anni cinquanta, l’acqua potabile in ogni casa, e l’avvento della lavatrice cambiarono le cose: basta lavatoi, anche se molte comari, convinte della migliore qualità del lavaggio, nei mesi primaverili si recavano ancora alla vasca per lavare i vestiti pesanti in vista del cambio di stagione.
Comari che hanno lottato per tenere aperto il piccolo lavatoio di Cazzago Brabbia quando la vecchia amministrazione comunale voleva chiuderlo: «Pur essendo in rovina – spiega la signora Zappatini -, è una tradizione del nostro piccolo paese, ci siamo affezionate; anche se oggi è dura arrivarci, soprattutto per colpa della strada scivolosa, ed è un rischio per le persone anziane».
Tanti sono i ricordi legati a quel lavatoio, quasi nascosto prendendo la stradina sterrata in fondo alla discesa che porta al "Lago di Piazza": il signore che ogni sera puliva la vasca per il giorno dopo, la comare che arrivava all’alba per utilizzare l’acqua più limpida illuminando con una candela, il bastone appoggiato sulle spalle su cui si caricavano le lenzuola per portarle su e giù dal lago.
Un pezzo della nostra storia, uno dei tanti legati al nostro territorio che rischiano di essere cancellati dal progresso, o di essere messi nel dimenticatoio, e di rimanerci per sempre.

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Lavatoio di Cazzago Brabbia 4 di 6
Redazione VareseNews
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Pubblicato il 31 Agosto 2007
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