La lotta per l’indipendenza della ricerca italiana passa dalla solidarietà

I lavoratori della Vicuron, centro di ricerche internazionale con sede a Gerenzano, protesta non con uno sciopero ma con una colletta a favore di una associazione che aiuta i malati di cancro

Sono tanto appassionati al loro lavoro quanto di buon cuore  i ricercatori della Vicuron che oggi hanno manifestato, nella sede della Provincia di Varese davanti al presidente della Provincia e agli assessori Bosco e Longoni, la loro personale forma di protesta per i tagli al personale annunciati dal management americano della loro società.
Questa mattina infatti hanno consegnato solennemente più di 2000 euro, frutto di due ore e mezzo di stipendio a testa, all’associazione “Varese per l’Oncologia, l’Oncologia per Varese”: una alternativa alle normali forme di sciopero che ha avuto come scopo quello di fare del bene agli altri. «Hanno fatto ancora di più che un gesto di solidarietà – Ha precisato Gianni Spartà, presidente dell’associazione – hanno offerto  parte dei proventi del loro lavoro, in un momento di disperazione per il rischio di perderlo, ad una associazione che ha come fine tra gli altri quello di creare in ospedale un reparto per il trapianto di cellule staminali, cioè un reparto dove il principio farmaceutico che hanno scoperto potrà rivelarsi fondamentale. Un gesto unico e commovente».

Commovente anche perchè, dopo una storia tanto brillante quanto sofferta, il piccolo ma prestigiosissimo centro di ricerche di Gerenzano rischia, con il nuovo management americano arrivato nel 2003 dopo la fusione della Biosearch con la Versicor, di ritrovarsi di fatto svuotato delle sue principali competenze e capacità, oltre che di un terzo dei suoi ricercatori.
Ma per capire esattamente cosa è successo stamattina, davanti ad una trentina dei 109 ricercatori del laboratorio di ricerche di Gerenzano, è necessario fare un passo indietro, e raccontarne la storia.

Quella che oggi è chiamata Vicuron, ed è una azienda italo-americana, era una volta il centro ricerche della Lepetit, spostatosi nel 1987 dalla sede milanese dell’industria farmaceutica a Gerenzano. Nel 1997 La Lepetit decide di procedere al  "management by out" (in parole povere: provvedere a vendere) di questo centro di ricerca e il gruppo di ricercatori che vi lavora  prende una decisione storica: è troppo il know-how accumulato, troppo ben oliato il gruppo di lavoro per perderlo.
Così decidono di acquistare loro stessi il Centro Ricerche: una scelta che ha funzionato e nel 2000 ha portato alla sua quotazione in borsa, una delle prime del Nuovo Mercato.
La Biosearch lavora in particolare ad una molecola, la Dalbavancina, un antibiotico fondamentale per salvare i trapiantati dalle complicazioni che li riguardano, spesso mortali. Un lavoro di grande interesse non solo per i malati ma anche per le compagnie americane che stavano lavorando con loro, una delle quali, la Versicor, propone la fusione. Accordo andato in porto poco più di un anno fa, dando vita alla Vicuron.

«Sembrava il classico accordo dove guadagnavano tutti – spiegano i ricercatori in lotta – due aziende non troppo grandi che fondendosi potevano essere di aiuto reciproco per contrastare le grandi multinazionali, lo sbocco al mercato americano, la possibilità di quotarsi contemporaneamente al Nasdaq e al Nuovo Mercato di Milano, l’obiettivo comune di fare ricerca commercializzabile e distribuirne i risultati. Purtroppo però  le cose hanno presto cambiato radicalmente aspetto: malgrado il 60% del capitale iniziale fosse italiano, un micidiale cocktail di allontanamenti e di prepensionamenti del management proveniente da Biosearch ha cambiato totalmente la struttura della dirigenza, che ora è al 90% americana.
Un ritardo nell’approvazione da parte della FDA (Food and Drug Administration, il dipartimento della Salute americano che, tra l’altro, ammette o rifiuta la commercializzazione di nuovi farmaci) dell’Anidulafungina, antibiotico americano, causa poi un temporaneo stato di crisi: un pretesto per consentire alla dirigenza di comunicare l’intenzione di licenziare il 40% dei ricercatori italiani e di spostare parte della ricerca negli Stati Uniti, snaturando con quel piano di ristrutturazione la funzionalità di una struttura che ha dimostrato di saper lavorare con intelligenza e passione».

E testardaggine, si può dire: quella testardaggine che aveva convinto nel 1997 gli allora 90 ricercatori italiani a non fuggire in America come molti dei loro colleghi, e di diventare "imprenditori di sè stessi" in Italia, portando un gran tasso di efficienza per il settore: sono infatti 12 i brevetti relativi a molecole e tecnologie che hanno registrato in questi anni e più di 40 gli articoli pubblicati negli ultimi 4 anni su riviste internazionali. 
Un lavoro che ha loro consentito il sostegno dei finanziamenti pubblici: circa 26 milioni di euro dal Governo Italiano; circa 700 mila euro dalla Comunità Europea. Molti dei quali sono stati loro concessi per l’attività di formazione di ricercatori neolaureati, che continua ininterrotta da anni.

La parte del centro ricerche che gli americani vorrebbero tagliare è, tra l’altro, proprio quello che fa del centro ricerche di Gerenzano un centro di eccellenza, cioè la parte di lavoro di osservazione della molecola isolata: fase in cui si saggiano i suoi effetti e li si adatta alle esigenze specifiche per portarla alla sua concreta utilizzazione.

Un lavoro da straordinari "giardinieri delle molecole" che coltivano e fanno crescere principi attivi naturali: ora però quegli stessi "giardinieri della scienza" si vedono portata via dai partner americani la possibilità di vedere come "crescono" e si adattano le molecole scoperte, un lavoro dove ci vogliono anni di osservazione complessa e una competenza che non molti hanno. 

I lavoratori della Vicuron, però, non si sono scoraggiati e di fronte a questo nuovo gigantesco ostacolo hanno deciso di riprendere di nuovo in mano la loro vita: protestando in questo modo singolare.  Dopo il gesto di oggi, per domani è previsto un incontro con il management dell’azienda a Saronno.

Nel frattempo i lavoratori cercano solidarietà con un appello on line al sito www.rsuvicuron.com: a meno di una settimana dalla sua pubblicazione, l’appello ha già raccolto più di 650 adesioni da parte di professori, ricercatori e colleghi. E ora le aspettano da tutti quegli italiani che nell’eccellenza della ricerca nel nostro Paese credono, non solo a parole.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Settembre 2004
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