Una folla ai funerali del papà dei Tigros
Cerimonia di popolo per l'imprenditore mecenate Luigi Orrigoni: messaggio toccante del figlio alla famiglia e all'azienda
Non si riuscivano a chiudere le porte della chiesa, tanta era la gente. Uomini e donne comuni, dipendenti della Tigros, gli amici di Castronno, ma anche i politici, gli amministratori locali, uomini delle istituzioni, imprenditori, amici e colleghi dei figli. E’ stato un grande funerale popolare, quello di Luigi Orrigoni, il fondatore della catena di supermercati Tigros, imprenditore e mecenate, a cui la città ha dato un ultimo saluto alle 14 nella basilica di San Vittore. La cerimonia è stata officiata da don Peppino Maffi, rettore del seminario di Venegono, e con lui, dietro all’altare, una pattuglia di sacerdoti. Il feretro è entrato poco prima delle 14, seguito dalla famiglia: la moglie Augusta, i figli Paolo, Manuela e Mariaveronica. Una cerimonia bella, partecipata.
Il vangelo è stato dedicato all’episodio a Gesù sul Golgota, poi è arrivata l’omelia breve e densa di significato di don Maffi, dove è ancora una volta stata ricordata la generosità di Luigi Orrigoni. Particolarmente commovente il momento dell’intenzioni, quando per prima ha parlato Mariaveronica, la più giovane dei figli di Orrigoni, che ha rivolto un tenero e toccante saluto al padre: “Mi hai insegnato ad avere dignità e a pensare agli altri”.
Alle parole della figlia dell’imprenditore, hanno fatto seguito una serie di messaggi commossi, partecipati e rispettosi. Un dipendente Tigros ha detto: “E’ difficile da accettare, ma d’ora in poi non vedremo più quella luce accesa nel suo studio, al mattino presto, e alla sera tardi”.
La cerimonia ha toccato vertici di commozione e tenerezza quando ha preso la parola Paolo Orrigoni, figlio maggiore dell’imprenditore e suo erede alla guida della Tigros. Un discorso difficile, pronunciato con parole in bilico tra il dolore del figlio che ha perso il padre, e il senso di responsabilità dell’imprenditore che guida un’azienda che dà lavoro a mille famiglie: “Voglio ricordare un aneddoto – ha detto trattenendo a stento le lacrime – un anno fa, alla fine di gennaio, era un pomeriggio piuttosto freddo, e si celebravano i funerali a Bobbiate della nonna di un nostro dipendente, che è anche mio amico. Io ero influenzato e non andai. Lui, anche se stava già male, andò. Quando tornò a casa, mi prese da parte e mi disse. Non devi mai mancare al funerale di un amico, perché se ti vede e ti riconosce sicuramente gli farà piacere e gli avrai fatto un bel regalo. Ecco – ha continuato – le persone che sono qui oggi hanno tutte voluto fare un regalo a mio padre”.
All’azienda ha rivolto parole forti. “Da questo pomeriggio bisogna purtroppo aprire un nuovo capitolo” ha spiegato spronando tutti a dare il massimo per non deludere le aspettative del padre. Paolo ha anche citato Machiavelli (il principio della buona organizzazione è dato dall’esempio di un uomo buono).
Per la famiglia, invece, ha avuto parole delicate: alla madre Augusta per la sua dolcezza e per come ha saputo stare vicino al padre e alla famiglia nell’ultimo difficile e tormentato anno, e alle sorelle. Paolo Orrigoni ha anche ringraziato i medici che hanno assistito Luigi Orrigoni in questi mesi e in particolare ai professori Dionigi e Tomei, che l’hanno operato “regalando a mio padre dieci mesi di vita dignitosa”.
Infine, l’ultimo saluto: ha recitato il testo di una canzone a cui padre e figlio erano legati in modo speciale: “Dolce sentire, come nel mio cuore, ora umilmente, stia nascendo amore”. Una canzone nata per la colonna sonora del film di Franco Zeffirelli su San Francesco, e che negli anni, per la sua dolcezza, è diventata una canzone molto amata nelle comunità cattoliche. “Ciao Luigi, ciao papà” ha chiuso Paolo Orrigoni, suscitando un fragoroso applauso. Alla cerimonia, hanno partecipato i sindaci di Varese Fontana e di Castronno Bertolotti, il presidente della provincia Reguzzoni, il prefetto Aragno, il presidente degli industriali Graglia, solo per citarne alcuni. Tra le prime file anche l’ex prefetto Guido Nardone, amico fraterno di Luigi Orrigoni, giunto direttamente da Venezia.
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