Molestie in fabbrica, denuncia e fa condannare il capo

Le attenzioni di un caporeparto punite dal giudice: esclusa la minore gravità, data la persecuzione continuata in un ambiente di lavoro

“Sono solo affari vostri, adesso”: per il 50enne dipendente di una grossa ditta di imballaggi intorno a Varese, la promozione a capo reparto aveva rappresentato innanzitutto la convinzione di poter fare, da quel momento in poi, quello che voleva delle dipendenti, per la maggior parte donne, del reparto che era chiamato a comandare.

Ma il giudice di Varese Giuseppe Battarino non è stato della stessa idea, quando l’ha condannato una settimana fa a 2 anni e 4 mesi di reclusione per violenza sessuale, malgrado lo sconto di pena che il rito abbreviato prevede, e classificandolo come un caso grave in ragione delle molestie reiterate nel tempo in un ambiente di lavoro.
Per quell’uomo la promozione significava innanzitutto, infatti, molestie pesanti e continuate ai loro danni. Commenti volgari, minacce e profferte pesanti, scuse banali per portarle nei punti più remoti della ditta e cominciare a toccarle e baciarle.

La più tartassata di queste, un’operaia quarantenne felicemente sposata con due figli, al lavoro in azienda da dieci anni, non ce la fa più: dopo mesi in cui si era sentita dire di tutto e dove per andare a recuperare l’auto a fine turno le colleghe avevano addirittura istituito “un cordone” per evitare che la importunasse pure lì, prima inveisce contro di lui – ricevendo in cambio solo minacce – poi decide di raccontare al capo del personale cosa succede davvero in quel reparto: andandogli a parlare, e con una nota scritta. E, infine, decide di rivolgersi anche al sindacato, per fare qualcosa contro quel capo che abusava così pesantemente della sua posizione.

Ed è alla Cisl che le viene consigliato di portare quell’uomo in tribunale: i suoi comportamenti avevano infatti, innanzitutto, rilevanza penale. La donna e il suo legale, l’avvocato Luigi Mariani, cercano testimoni a difesa: e in questa ricerca, scopriranno che molte altre colleghe hanno subito avances di vario genere.

Risultato: 2 anni e 4 mesi di reclusione. Nel frattempo, l’azienda che aveva proceduto a una indagine interna sul conto del suo dipendente, aveva già rimosso l’uomo della sua carica e l’aveva pure spostato di sede, mandandolo a 50 chilometri di distanza.

E, intanto, la Cisl decideva di istituire un apposito ufficio penale – guidato dall’avvocato Mariani – che difenda i lavoratori vessati: innanzitutto in termini di sicurezza, ma nato da un caso estremo di abuso di potere.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Febbraio 2008
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